Le opere di arte contemporanea, dietro a parvenze e forme apparentemente bizzarre e, talvolta, inquietanti, celano significati profondi, solitamente positivi.
Questo è il caso della Metamorfosi, frutto dell'estro creativo dell'artista torinese Paolo Grassino.
Nel percorso che da via Po sbocca in piazza Vittorio Veneto, proprio nello stabile sull'angolo sinistro tra le due, è impossibile non notarla. Letteralmente"affacciata" da uno dei balconi che si aprono sul primo piano, quello di un collezionista che l'ha acquistata, essa è una statua interamente in alluminio e raffigura un uomo incappucciato e senza volto, da cui si dipartono ramificazioni.
La mancanza di questa parte del corpo vuole simboleggiare la perdita di identità dell'uomo, sempre più vuota e soggetta ad omologazione. Di contro, i rami che si originano dal cappuccio privo di contenuto e che si sviluppano in avanti, secondo l'autore dell'opera, hanno due significati. Anzitutto la proiezione verso il futuro - da qui, Metamorfosi, il suo titolo - ma soprattutto un ritorno alla natura e, dunque, la capacità dell'uomo di adattarsi e migliorarsi cercando, però, di recuperare ciò che, di buono, abbiamo costruito.
Un inno al progresso, quindi, ma senza mai perdere di
vista ciò che siamo stati e siamo tuttora, nel pieno rispetto di ciò che ci contraddistingue e ci rende unici.