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Eventi | 27 novembre 2024, 15:27

Antoon Van Dyck e Orazio Gentileschi: Natività a confronto alle Gallerie d’Italia

I due dipinti che rappresentano la Madonna del latte dalla Collezione Corsini esposte fino al 12 gennaio

Antoon Van Dyck e Orazio Gentileschi: due Natività a confronto alle Gallerie d’Italia

Antoon Van Dyck e Orazio Gentileschi: due Natività a confronto alle Gallerie d’Italia

Due Madonne del latte, lo stesso soggetto, ma raccontato con due stili completamente differenti: quello di Antoon Van Dyck e quello di Orazio Gentileschi. Sono le due opere esposte fino al 12 gennaio alle Gallerie d’Italia, provenienti dalla Collezione Corsini di Roma, nell’ambito della rassegna "L'Ospite illustre". 

Si tratta di due diverse interpretazioni della cosiddetta “Madonna del latte”, una fortunata iconografia nata per visualizzare concretamente il ruolo di Maria come madre di Cristo e sono stati dipinti a quindici anni di distanza uno dall’altro.

Sono due capolavori del 600 fatti da due artisti diversi, ma la cui vita si intreccia più volte. Non potrebbero essere più diversi nel modo di dipingere che sono raccontati in questi capolavori. Da un lato Van Dyck, che la rende simile ai grandi classici del Rinascimento, una Natività ricca di e densa di simbolismo. Gentileschi racconta lo stesso tema ma con lo stile di Caravaggio: prende due persone del popolo e le mette in scena come se fossero un tema sacro” commenta il curatore Alessandro Cosma.

Orazio Gentileschi 

L’opera di Orazio Gentileschi, Madonna col Bambino del 1610, testimonia la novità della rivoluzione di Caravaggio e della pittura “dal naturale”, in cui il tema sacro è trasformato in un momento intimo e quotidiano. L’essenza del dipinto è infatti tutta nell’umano e delicato scambio di sguardi tra la madre e il figlio, che allunga la mano per tirarle la veste. Se non fosse per l’aureola e i consueti colori rosso e blu dell’abito, la Vergine potrebbe essere una qualsiasi ragazza del popolo, abbigliata secondo la moda romana dell’epoca, così come il Bambino con il suo sgargiante vestito giallo. 

Il problema dell’attribuzione: potrebbe essere della figlia Artemisia?

Un’opera che per duecento anni attribuita allo stesso Caravaggio, è stato poi identificata con la mano del pittore romano da Roberto Longhi, salvo poi ripensarci. Una teoria recente di Gianni Papi la attribuirebbe addirittura alla mano della figlia, Artemisia Gentileschi. 

Se per Van Dyck sappiamo tutto, per Gentileschi è senza storia, non abbiamo documenti. Gli storici si sono sbizzarriti. Papi propone di vedere in quel ritratto l’opera che Artemisia cita durante il processo, quell’opera a cui stava lavorando il giorno del suo stupro”.

Antoon Van Dyck 

Nel dipinto Madonna della paglia realizzata tra il 1625 e il 1627, Antoon Van Dyck, invece, sulla scia dei grandi maestri del Rinascimento italiano, reinterpreta il tema con una forte densità simbolica, inserendolo nel contesto della Natività. In ossequio ai dettami del Concilio di Trento, evita di mostrare un’immagine “sconveniente”, coprendo il seno di Maria con la testa del bimbo addormentato, ma lasciando la veste abbassata per alludere all’allattamento.

Una serie di dettagli sottolinea poi la morte e resurrezione di Cristo: dal viso della Vergine, assorto e malinconico, alla nuvola scura che irrompe nella capanna, fino alle spighe che danno il nome al quadro e i cui steli formano una croce in primo piano.

“Dalle committenze di fotografia internazionale alla condivisione delle più preziose collezioni nazionali, le Gallerie di Piazza San Carlo si confermano motore di iniziative di riconosciuto valore che arricchiscono significativamente l’offerta espositiva a Torino e in Italia, ponendoci tra i principali interlocutori culturali europei” commenta Michele Coppola.

Chiara Gallo

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