È Chiara Gamberale a inaugurare la nuova rassegna “Prendersi cura” organizzata dal Salone del Libro di Torino in collaborazione con Esselunga.
La scrittrice, che nel capoluogo sabaudo ha vissuto e lavorato, giovedì 28 novembre alle ore 18.30 all’Esselunga di corso Bramante, presenterà il suo ultimo romanzo Dimmi di te. Dopo di lei, il prossimo appuntamento sarà il 15 marzo con Andrea De Carlo.
Qual è oggi la sua ricetta per volersi bene e come trova riscontro nel libro?
“La cura è sempre qualcosa che mi chiama istintivamente. Il mio rischio è di averne troppa. Tendo a sbaraccare negli altri che hanno bisogno. Sono meno brava nella cura di me stessa, nonostante nell’ultimo romanzo, ci sia una protagonista alla deriva, che affonda nella palude. Lei istintivamente, comincia a curarsi con il tu. Quando stiamo male l’altro ci cura. Chiedere, uscire da noi ed entrare nelle storie degli altri può essere uno strumento, è servito anche a me. Anche perché la mia forma di cura è scrivere”.
Il tema della prima edizione della rassegna è la famiglia. Da anni lei ripete la frase, “Famiglia è dove famiglia si fa”, che cosa vuol dire?
“Nel corso del tempo ho raccontato le alchimie umane, le soluzioni imprevedibili tra individui. Sento di ribadire con forza che cura e famiglia sono quando si è sempre attenti alle sue possibili trasformazioni, che non ci devono spaventare. La protagonista del romanzo, incontrando i miti della sua adolescenza, incontra diverse famiglie, ognuna diversa dall’altra, ognuna con il suo stato emotivo. Oggi abbiamo la necessità di parlare di famiglie. Credo che sia un posto dove si impara ad amare, dove l’amore e la cura dell’altro vanno preservati a volte anche a rischio di separarla”.
Quando si sente un po’ smarrita, quale libro ha preso in mano?
“A volte torno sui miei libri. L’ultimo per esempio è per quei momenti in cui non ci riconosciamo nella nostra vita. Mi sono curata andando a intervistare le stelle polari che ho incontrato nel corso della mia vita. Mi ha aiutato molto scriverne”.
Cosa ne pensa di Torino, è una città che si prende cura di sé?
“Torino la amo, il primo lavoro l’ho avuto qui a 21 anni. Ho delle persone che mi sono carissime, mi piace l’aria che tira, amo il freddo e la montagna. È una città cui sono molto legata. Poi ci sono luoghi del cuore, dal Circolo dei lettori dove ho presentato anche l’ultimo romanzo, all’hotel Victoria dove alloggiavo quando studiavo. Penso sia una città che si prende cura di se stessa. Non ve ne rendete conto, ma hai la sensazione di arrivare in un posto dove le cose funzionano non meccanicamente, sono lubrificate da qualche forma di intelligenza legata a questa magia di cui mi fido”.
Tra i suoi prossimi progetti ce n’è qualcuno che la vede impegnata nella nostra città?
“Lo spero, in generale quando Torino chiama rispondo”.