A marzo avrebbe festeggiato con la moglie Silvana Charbonnier e con la sua famiglia i cinquant’anni passati alla loro locanda: la Ciabota della Conca del Pra. Walter Cairus è stato uno dei protagonisti della storia della località in alta Val Pellice, considerata da tanti un ‘paradiso’ e segnata dall’avvento del turismo di massa con l’apertura della pista percorribile alle auto. Ma Cairus, scomparso nella serata di mercoledì 20 novembre a settantacinque anni, alla Conca era salito a piedi con il papà Paolo – conosciuto come Puluc – la mamma e la sorella. “Era il 1958, Walter aveva appena nove anni. La sua famiglia prese in mano la Ciabota, struttura antica e abbandonata da tanti anni. Piano piano la aggiustarono facendone una locanda” ricorda Charbonnier. “Può essere considerata uno dei primi esempi di ospitalità rurale, antesignana degli agriturismi, ed ha fatto la storia della Conca del Pra” sottolinea Carlo Degiovanni, appassionato di corsa in montagna che con Caiurs ha avuto a che fare più volte in occasione della Tre Rifugi: “Ancora questa estate abbiamo collaborato per organizzare un serata in musica la notte prima della gara, proprio sulla terrazza della sua Ciabota”.
Cairus è stato un ‘maestro’ per chi alla Conca è arrivato dopo di lui: “Ci siamo conosciuti nel 1979 quando ho iniziato la mia ‘avventura’ al rifugio Jervis – ricorda Roby Boulard, gestore del rifugio Cai nei pressi della Ciabota –. Da subito lui e suo padre ci aiutarono per i trasporti delle vivande con i muli. Per me e il mio socio Flavio, poco più che ventenni, il loro aiuto e i loro consigli sono stati importantissimi per capire in che mondo eravamo finiti”. Allora infatti la strada non c’era ancora e i trasporti venivano fatti con i muli utilizzando la mulattiera che parte dal centro di Villanova. Con Pula e Mora (questi i nomi delle due mule come ricorda Degiovanni nel suo libro ‘Tre Rifugi Val Pellice’), Puluc e Walter scendevano e salivano una o più volte al giorno.
Cairus era un vero ‘montagnard’, che aveva qualcosa in più dell’alpinista, secondo Boulard: “Era fatto di un ‘materiale diverso’: era uno degli uomini più forti che abbia mai conosciuto, ma tanto forte quanto buono”
Il ricordo di Cairus per molti è proprio associato agli animali che accudiva in alpeggio, alle mule, ai maiali recintati dal muretto pietra vicino alla Ciabota, e alla coppia di fagiani. Tutti, a chiusura della stagione, scendevano alla casa di Bobbio Pellice. “Un uomo d’altri tempi, a cui la montagna e la fatica avevano forgiato il fisico e tuttavia tenero in certe sue espressioni” lo ricorda il sindaco di Bobbio Pellice, Mauro Vignola. Per il suo vissuto ai 1.700 m s.l.m. della Conca del Pra, Cairus era considerato dal primo cittadino di Bobbio Pellice come un’‘autorità’: “Tutte le volte che sono salito al Pra per me un piacere cercarlo per un saluto per due battute e sentire se tutto era a posto riconoscendolo come un’autorità in quei luoghi”.
Ai figli Ivana, Marina, Gianpaolo e Roberto e ai nipoti, Cairus aveva trasmesso l’amore per la Conca del Pra che ha condiviso per quasi cinquant’anni con Charbonnier, con cui saliva in quota a maggio e ridiscendeva a metà novembre, per poi riaprire per le festività natalizie: “Abbiamo festeggiato lì oltre trenta capodanni, e ogni volta che giungevamo Conca venivamo colpiti dalla meraviglia di quel paesaggio – racconta la moglie –. Spesso ci dicevamo ‘Siamo proprio stupidi: è da cinquant’anni che vediamo la stessa cosa’ ma per noi era sempre bello”.
Ora toccherà a lei, aiutata dalle figlie, mandare aventi l’attività: “È un lavoro che finora mi ha dato un sacco di soddisfazioni e poi è stata anche una delle ultime volontà di Walter: quella di continuare a salire finché avessi potuto”.