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Economia e lavoro | 18 novembre 2024, 07:00

La questione mediorientale zavorra l'export del Piemonte: calo del 7,6% nel giro di un anno. Israele giù del 10%

Felici (Confartigianato): "Se la situazione non si stabilizza rapidamente, c'è il rischio concreto che le esportazioni subiscano un forte rallentamento"

tir parcheggiati visti dall'alto

Soffre l'export diretto verso il Medio Oriente a causa delle tensioni geopolitiche

Lontani solo geograficamente, ma in un mondo sempre più vicino la crisi mediorientale finisce per colpire da vicino anche un territorio come il Piemonte. A lanciare l'allarme è Confartigianato Piemonte, che stima in un calo del 7,6% delle esportazioni rispetto al 2023 a causa delle tensioni che interessano Israele, la Palestina e gli altri Paesi confinanti.

Un'instabilità politica che finisce per rallentare la vendita dei prodotti nostrani: dal Piemonte partono beni e servizi per 2,6miliardi di euro, equivalenti a poco più del 2% del valore aggiunto regionale prodotto, verso gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita, Israele, Qatar, Kuwait oltre ad altre 12 nazioni. Oltre ai prodotti della raffinazione, ci sono alimentari e bevande, moda e design, lapidei e arredamento, sistemi informatici e digitali, macchinari e impianti i prodotti più venduti molto richiesti per la loro qualità e originalità.

Più "esposta" del Piemonte, al momento, solo la Toscana. Mentre al terzo posto viene l’Emilia-Romagna. “Le notizie che arrivano dal Medio Oriente, dalla sponda sud del Mediterraneo sono molto preoccupanti, ci auguriamo che la diplomazia, anche economica, stia intervenendo per risolvere queste situazioni – commenta Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte –: in ogni caso questa crisi sta penalizzando sia i sistemi del made in Piemonte e made in Italy, sia l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura, aggravando la frenata del commercio”.

Gli effetti di tale situazione, evidenti anche sul nostro territorio, rischiano di provocare pesanti conseguenze sulla crescita economica – prosegue Felici– per questo l’appello che abbiamo già lanciato a livello nazionale è quello che è indispensabile mettere in campo tutte le misure, a cominciare dall’attuazione del Pnrr, per alimentare la fiducia e scongiurare il rischio di una frenata del ciclo espansivo dell’occupazione”.

Se la situazione non si stabilizza rapidamente – conclude Felici – c'è il rischio concreto che le esportazioni subiscano un forte rallentamento, con ripercussioni non solo sulle imprese esportatrici, ma anche sull'economia regionale nel suo complesso. In questo contesto, è fondamentale che le istituzioni locali e nazionali intervengano, adottando misure a sostegno delle imprese, per mantenere aperti i canali commerciali e mitigare i potenziali effetti negativi”.

A livello nazionale il settore di esportazione più rilevante è quello dei macchinari e impianti con il 25,3% dell’export verso il Medio Oriente, seguito da altre manifatture – che comprendono i mobili, la gioielleria e l’occhialeria – con il 12,5%, moda con il 9,2%, mezzi trasporto con l’8,8%, metallurgia e metalli con il 7,7%, alimentare e bevande con il 7,2% e apparecchiature elettriche con il 7,0%.

L’analisi per Paese evidenzia che il primo mercato del Medio Oriente è quello degli Emirati Arabi Uniti con il 26,8% dell’export del 2023 nell’area, seguiti da Arabia Saudita con 19,4%, Israele con 13,4%, Qatar con 10,7%, Kuwait con 9,0%. Seguono Libano (4,5%), Iraq (3,6%), Giordania (2,5%), Repubblica islamica dell’Iran (2,4%), Oman (1,7%), Azerbaigian (1,5%), Georgia (1,5%), Armenia (1,3%), Bahrein (1,1%), Yemen (0,3%), Siria (0,2%) e Territorio palestinese occupato con 45 milioni (0,2%).

In chiave dinamica, tra i maggiori mercati del Medio Oriente si registra una crescita dell’export verso Arabia Saudita (+23,5%) ed Emirati Arabi Uniti (+21,8% nei primi sei mesi del 2024), mentre sono in flessione le vendite del made in Italy in Qatar (-41,6%), Kuwait (-17,7%) e Israele (-10%).

Massimiliano Sciullo

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