Venerdì 22 novembre presso Sala Auditorium Polo del ‘900 sarà proiettato il film “Il delitto Matteotti” di Florestano Vancini. A presentare la pellicola agli spettatori sarà il critico cinematografico e ex direttore del Torino Film Festival, Steve Della Casa.
Un evento organizzato dalla Fondazione di studi storici Gaetano Salvemini ad oltre cinquant’anni di distanza dalla sua uscita, avvenuta nel 1973.
La pellicola ancora oggi desta l'attenzione del pubblico per l’eccellente ricostruzione storica e il suo tono di denuncia. Alla maestria del regista si unisce la bravura dei protagonisti: Franco Nero e Mario Adorf, che interpretano rispettivamente Giacomo Matteotti e Benito Mussolini. Scorrendo il cartellone, tuttavia, non si
può fare a meno di scorgere altri grandi interpreti che danno volto a figure centrali nella vicenda Matteotti: Umberto Orsini (Amerigo Domini, l’assassino del segretario del parlamentare socialista); Vittorio De Sica (il magistrato Mauro Del Giudice); Gastone Moschin (Filippo Turati); Riccardo Cucciolla (Antonio Gramsci)
La trama
Si ripercorrono i giorni convulsi che portarono al delitto Matteotti. Si sottolinea la radicale differenza tra il linguaggio di Matteotti e quello di Mussolini. Il primo sobrio, preciso, rigoroso, coraggioso nel dichiarare la nullità di elezioni tenutesi in un clima di paura. Il secondo, quello di Mussolini, intriso di una violenza a stento trattenuta, più spesso esibita e minacciosa, quale segnale della irreversibilità della svolta del regime. Molto efficaci si rivelano i richiami alla biografia personale di Matteotti, quella di un leader di un socialismo riformista fondato su saldi principi etico-civili e che si era distinto negli anni precedenti per l’intransigente pacifismo. Il film mette in luce il modo in cui il caso Matteotti fu gestito nei mesi successivi dal governo
fascista e dalle opposizioni, incapaci queste ultime di andare oltre la pur forte condanna morale e politica, paralizzate com’erano da insanabili contrasti ideologici. A causa della loro debolezza, le opposizioni, non riuscirono e praticare una concreta azione politica di contrasto e di mobilitazione civile, se non il velleitario astensionismo dai lavori parlamentari, il cosiddetto Aventino. In primo piano, inoltre, emergono la viltà di protagonisti e comprimari di quel delitto; le collusioni con le istituzioni dello Stato; l’opportunismo di chi intendeva non solo esimersi dalle proprie
responsabilità personali, ma anche di precostituire linee di difesa oblique e ricattatorie, in uno stile che oggi non si può non definire mafioso.
In conclusione, un’opera di impegno storico e civile, ancora oggi attuale nel fare luce sulle collusioni, le ingerenze occulte di quel “doppio Stato” che tanta parte ha ancora avuto nel secondo dopoguerra e in molte oscure vicende.