Cultura e spettacoli - 17 ottobre 2024, 15:13

Museo di Antichità: nuovo allestimento in occasione dei 300 anni

Due tombe per la prima volta a confronto: da oggi visibili una sepoltura neolitica scoperta a Montjovet e la mummia di un giovane uomo rannicchiato

Il Museo di Antichità festeggia i 300 anni con numerose iniziative

Da giovedì 17 ottobre, in occasione del suo terzo centenario, il Museo di Antichità di Torino presenta il nuovo allestimento Anatomia di un inizio. Alle radici dell’Archeologia Scientifica in Piemonte, a cura dell’archeologa Elisa Panero, che arricchisce il percorso espositivo della sezione Archeologia a Torino. 

Per la prima volta sono messe a confronto due straordinarie sepolture, testimonianze di due contesti culturali e geografici molto diversi tra loro: una tomba neolitica scoperta a Montjovet, in Valle d’Aosta, e la mummia di un giovane uomo rannicchiato, rinvenuta nei pressi di Luxor, in Egitto.

La tomba neolitica di Montjovet fu scoperta nel 1909 in una piccola necropoli a inumazione, scavata dall’egittologo piemontese Ernesto Schiaparelli (1856-1928), direttore dell’allora Regio Museo di Antichità Greche, Romane ed Egizie – l’attuale Museo di Antichità dei Musei Reali di Torino – e Soprintendente alle Antichità del Piemonte, Istituto di tutela che comprendeva anche la Valle d'Aosta e la Liguria; subito musealizzata nella sua interezza, la sepoltura fu studiata e pubblicata da Giulio Emanuele Rizzo, professore straordinario di archeologia, e da Mario Carrara, docente di medicina legale alla Regia Università di Torino. La tomba fu compiutamente allestita nel museo proprio cent’anni fa, il 17 ottobre 1924, quale prima “tomba ricostruita” nella nuova sala della Preistoria Piemontese e Ligure, curata da Pietro Barocelli, archeologo dalla grande modernità professionale. Riproposta nel secondo dopoguerra, nel riordino museale attuato nel 1949 sotto la direzione del Soprintendente Carlo Carducci, negli ultimi 50 anni è stata conservata nei depositi del Museo di Antichità: oggi il pubblico dei Musei Reali di Torino può ammirare la tomba grazie a un nuovo riallestimento. 

La mummia di un giovane uomo rannicchiato, invece, fu rinvenuta nel 1920 dalla Missione Archeologica Italiana diretta da Ernesto Schiaparelli, coadiuvato dall’antropologo Giovanni Marro (1875-1952), nel sito di Gebelein, a circa 30 chilometri a sud dell’odierna città di Luxor, sulla riva ovest del Nilo; databile alla IV dinastia, tra il 2578 e il 2477 a.C., è confluita all’Istituto e Museo di Antropologia, oggi Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino, fondato nel 1926 proprio per accogliere in un’unica sede le raccolte scientifiche di Marro e gli oggetti provenienti dalle campagne di scavo condotte dalla Missione in Egitto.

Sulle due sepolture sono state condotte recenti indagini per la datazione e il restauro: per la prima, dai Musei Reali con l’Università degli Studi di Torino - Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DBios) e il Department of Prehistoric Archaeology, Institute of Archaeological Sciences and Oeschger Center for Climate Change Research (OCCR) dell’Università di Berna, Svizzera; per la seconda, oltre che dal DBios, anche dal Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino e dalla Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”; le indagini hanno permesso di gettare nuova luce su questi resti e nuove considerazioni storiche e allestitive, partendo dalla temperie culturale del primo ventennio del Novecento quando, anche in Piemonte, intervenne una svolta decisiva nello studio e nella “percezione” dell’archeologia, non più considerata come una ricerca avventurosa, ma una disciplina scientifica volta a rispondere ai bisogni primari dell’uomo e a raccontare le storie del passato.

I resti umani rappresentano qualcosa di fondamentale, in quanto documento di una storia individuale e tassello della storia evolutiva umana. Considerazioni che trovano un punto di avvio proprio agli inizi del Novecento nel mondo archeologico piemontese, gravitante intorno al Museo di Antichità e all’attività del direttore a quel tempo, Ernesto Schiaparelli, insieme a grandi studiosi che, intorno a lui, hanno contribuito a dettagliare pionieristicamente “l’anatomia di un inizio” nell’ambito della ricerca archeologica scientifica.

 

 

redazione