Attualità - 26 luglio 2024, 10:18

Non solo calcio: il Kl Pertusa riqualifica i suoi spazi per aiutare giovani e meno giovani

Spazio a doposcuola, corsi di italiano, ma anche alfabetizzazione digitale e attività per gli over 65

Una formazione della Under 19 del Kl Pertusa

E’ tempo di calciomercato per i ragazzi, non solo in Serie A ma anche nelle squadre dilettantistiche: quando però hai compiuto o stai per compiere 17 anni tutto cambia, passi nel mondo dei “grandi” si dice in gergo. "Siamo un gruppo di genitori di ragazzi nati nel 2007 che ancora si divertono a giocare insieme, un pomeriggio ci siamo trovati davanti ad un caffè e ci siamo messi a parlare del futuro che avremmo potuto avere, eh sì perché anche noi genitori ci divertiamo a stare insieme", spiegano i genitori dei ragazzi del Kl Pertusa, storica formazione del calcio minore torinese. 

Per chi non mastica di calcio giovanile oppure non è ancora arrivato a questo bivio non sa che la categoria superiore agli Allievi (quella attuale dove militano i nostri ragazzi) si chiama Juniores (Primavera per le squadre professionistiche) ed in questa categoria non gioca solo più un’annata, come per gli anni precedenti, ma ne possono giocare tre.  

"Ovviamente la preoccupazione è stata: come facciamo a gestire un gruppo così unito? Ogni giorno si era presentata un’occasione differente: c’è stato il giorno dell’allenatore che sarebbe venuto portando il gruppo di proseliti, quello in cui ti suonava il telefono e ti veniva presentata l’opportunità di andare altrove ed esordire in prima squadra, l’altro in cui la chiamata era per chiederti di tesserare il figlio e portarsi dietro i compagni più attrattivi - spiegano ancora i genitori - Nel parlare con i nostri figli è emerso uno scenario diverso: “No Pa’, se non posso stare con i miei amici allora smetto tanto non è che farò il calciatore nella vita!. Questo ci ha fatti riflettere e ci ha portati alla decisione di provare qualcosa di nuovo".  

Se vi state chiedendo cosa ci sia di così “innovativo” dal tenere il gruppo coeso ora ve lo spieghiamo: i ragazzi sono tesserati per una società della periferia Sud di Torino, una società storica che l’anno prossimo festeggerà i 70 anni dalla fondazione; una società che non ha mai preteso di essere “la terza squadra di Torino” ma che ha fondato la sua esistenza sul rispetto dei valori dello sport e sulla funzione sociale che questo può avere anche in zone più disagiate. Tutto ciò fa sì che l’attrazione al di fuori dell’area o degli appassionati del calcio storico torinese non sia così estrema, che non ci sia l’appeal di un blasone di un marchio legato a società professionistiche, di promesse di osservatori procuratori ecc.

"Parliamo di una società la quale nell’anno passato ha trovato uno sponsor che pagasse la scuola calcio dei piccolini in modo da evitare quella spesa a famiglie che non avrebbero avuto la possibilità di investire dei soldi per il divertimento dei propri figli. L’idea quindi era di sgravare sia dal punto di vista economico che da quello organizzativo una società che stava facendo fronte a tante problematiche come la ricerca di nuovi sponsor e di nuove figure operative come allenatori, preparatori, dirigenti", spiegano ancora i genitori. 

Forse visto dal di fuori è più facile pensare che sia banale organizzare un gruppo di ragazzi che tirano due calci ad un pallone e un allenatore con l’hobby del calcio… Quando poi provi ad entrare in certe dinamiche capisci che se si parte dalla burocrazia per arrivare ai costi non si può prescindere da avere competenze esperienza e tanta ma tanta passione. "Torniamo a sottolineare che non si parla di attività a scopo di lucro, si parla di una vera propria funzione sociale che possa dare sfogo a dei ragazzi che al posto di passare le giornate davanti agli schermi dei cellulari o a bighellonare nei centri commerciali possano ancora stare all’aperto e provare quel senso di squadra, di appartenenza e di valori sportivi che ultimamente ci stiamo dimenticando", aggiungono.  

"Se siamo dei romanticoni incalliti? Ma no, diciamo grandi appassionati di sport ancora legati ad un passato non fatto di contratti milionari ma di “SuperTele” calciati per strada o ai giardinetti! In due giorni abbiamo stilato un business plan che potesse darci un’idea di quali avrebbero potuto essere le spese: iscrizione al campionato, rimborso allenatori, palloni, lavanderia, eventuali trasferte ecc e poi abbiamo provato a pensare a quali contatti potessimo avere per una sponsorizzazione del progetto e siamo partiti. Il telefono ora non smette di squillare, ci sono coloro che ci fanno i complimenti, quelli che vorrebbero aiutarci, quelli che ci danno dei pazzi e quelli che pensano di aver fiutato del facile soldo…".

"Abbiamo provato a convincere l’allenatore designato in precedenza a fermarsi, ci ha ringraziati ma ha preferito qualcosa di più “tradizionale”, avevamo altri riferimenti ma il primo chiamato si è detto entusiasta e ha pure deciso di decurtarsi una parte dell’ingaggio per “finanziare” l’iniziativa! Leggendo vari articoli comparsi in questi giorni su alcune testate di rilievo nazionale e la risposta degli “addetti” ai lavori abbiamo capito che non sarà semplice perché ci stiamo scontrando contro un muro fatto non solo da scettici ma da problemi pregressi, principalmente di livello economico. In pratica rischiamo di vedere vanificati i nostri sforzi per disorganizzazione, impegni non rispettati e mancati accordi. Non ci permettiamo di entrare nei dettagli di questioni che non ci competono ma non capiamo perché non si possa far fronte comune e aiutare, come possibile, società come la nostra a tenere vivo un punto di accoglienza e raccolta di giovani".  

"Magari sbagliamo ma ci ricordiamo questi campi sportivi come un’oasi felice per coloro che avevano voglia di ritrovarsi con gli amici, e quest’oasi l’avevamo trovata al Kl Pertusa. Ci si andava volentieri anche noi genitori, anche fuori degli orari canoni di allenamento o partita, un caffè due chiacchiere a bar, prenotiamo per un calcetto con gli amici; i nostri ragazzi hanno cominciato ad andare a dare una mano durante i tornei, come volontari arbitri o aiuto allenatori; sono andati a fare il tifo per la prima squadra perché alla fine il loro obiettivo è proprio quello, andare a giocare da “adulti” con gli amici di una vita".  

"Quando si è capito che tutto questo poteva aver fine ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo buttato le basi per qualcosa di nuovo ma che andasse a rispecchiare e a rispolverare i vecchi valori, quelli che abbiamo provato ad insegnare ai nostri figli. Abbiamo letto di bandi andati deserti per la gestione di punti “sportivi” sappiamo di altri presi in gestione da gente che pensava di mettere a reddito le quote dei bambini della scuola calcio. Secondo noi questa piccola iniziativa potrebbe attenzionare non solo gli “addetti al lavoro” ma anche altri appassionati come noi che potrebbero aiutare altre società a non arrancare ogni anno per evitare la chiusura". 

"Il quartiere non ha molte alternative, l’ubicazione della nostra struttura prevede oltretutto un facile raggiungimento tramite i mezzi pubblici, la fermata della Metro Italia 61 a pochi passi e la fermata dell’autobus a pochi metri è un ulteriore incentivo per chi non abita proprio vicino ma non può usufruire dei mezzi privati oppure chi mantiene una linea green anche per i trasporti. 

Serviranno molti sforzi e molti aiuti ma speriamo che questo possa essere un primo passo nella direzione giusta che potrebbe portare ad un progetto molto più ampio di ristrutturazione dei campi e delle infrastrutture esistenti tramite tutte le agevolazioni possibili. In questo momento la nostra priorità è dare visibilità ai principi che ci legano e che sono sempre state le basi della società sportiva gialloverde: una grande famiglia che si dedica a portare in alto i valori dello sport a 360° anche verso chi non ne avrebbe né le possibilità economiche né organizzative", concludono questi appassionatissimi genitori.