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Copertina | 01 luglio 2024, 00:00

Fabio e Alessio Boasi, chi c'è dietro il successo della Fondazione Reverse: "Immaginiamo una Torino sempre più Music City"

Dal Sonic Park al Todays, aumentano i festival sotto la loro direzione: "La nostra mission è unire grandi eventi al territorio, mettendo al centro il pubblico. Il Primavera Sound? Forse è mancato un po' di coraggio"

Fabio e Alessio Boasi, chi c'è dietro il successo della Fondazione Reverse: "Immaginiamo una Torino sempre più Music City"

La Fondazione Reverse gestisce ormai ben quattro festival musicali nel torinese: Sonic Park Stupinigi, Rock Burger Fest, Ritmika e ora anche il Todays. Fabio e Alessio Boasi, entrambi vicepresidenti della Fondazione, sono la mente dietro al successo di questa realtà locale che punta sempre più all'internazionalità. 

La vostra è una realtà che dal 2004 è cresciuta tanto, possiamo ripercorrere la strada che vi ha portato fino a qui? 

“Siamo nati vent’anni fa come musicisti. Siamo passati poi dalla musica alle tournée europee per circa dieci anni in cui abbiamo potuto esplorare il panorama indipendente. Siamo gente di strada e di tour, ma grazie a quell’esperienza abbiamo assunto competenze da club e da festival che già all’epoca erano molto più grandi di noi. Nel 2010/2011 ci siamo fermati con i tour e abbiamo portato sotto casa il nostro know-how, immaginandoci di costruire quello che è Reverse: una realtà che sa gestire e organizzare eventi culturali”. 

Dal Sonic Park passando al Ritmika e al Rock Burger Fest, fino al Todays, qual è il vostro segreto per avere così tanti festival di successo? 

“Nasce tutto dal territorio. Siamo molto analitici, cerchiamo di avere eventi molto diversi tra loro, con un target di pubblico differente. Negli anni siamo andati a definire la nostra mission attraverso eventi che si legano al territorio, fornendo così un incubatore di indotto e di lavoro per tante persone. Con il nostro lavoro, Stupinigi oggi ad esempio è molto più conosciuta. Ha un’identità più forte, sono aumentati gli affitti e gli shooting. Grazie al Sonic, l’abbiamo messa in luce. Il segreto forse è anche nella credibilità con gli enti pubblici con cui lavoriamo. Festival totalmente privati in Italia ce ne sono, ma i festival medio-grandi hanno sempre bisogno di un ente pubblico che possa chiudere il cerchio della sostenibilità economica”. 

Restando sul Todays, che formula avete adottato per la prima edizione sotto la vostra direzione? Diverse associazioni del verde hanno espresso preoccupazione per quanto riguarda la location di quest’anno, cosa ne pensate?

“Noi arriviamo da Stupinigi dove già abbiamo dovuto apprendere una metodologia per ridurre l’impatto che un evento ha sul territorio. Anche per il Todays ce la portiamo dietro. La scelta del luogo certo non è casuale, ma stiamo lavorando sempre all’interno delle normative degli enti. Come la Palazzina è un luogo delicato, però se si mette al centro il pubblico e il suo benessere e si lavora nel rispetto delle normative, si crea un connubio che genera un risultato fantastico. Per quanto riguarda la formula, siamo partiti dal bando che aveva delle linee guida molto chiare, come conservare un’identità indie e internazionale, ma aumentare le giornate e il prestigio dell'evento. La nostra prima soluzione è stata cambiare location con una più capiente che ci permette di provare a vendere più biglietti e rendere così l’evento più sostenibile”. 

Musica e festival ma anche cultura, il Sonic in particolare apre le porte di una delle residenze sabauda più belle del Piemonte. C’è una location di questo genere che vorreste ancora coinvolgere nei vostri festival? 

“Negli anni passati abbiamo lavorato su Bologna e Matera. Sicuramente lo sviluppo c’è, ma solo dal momento in cui troviamo una serie di parametri: location di profonda cultura a cui si può legare un’esperienza di benessere per il pubblico”. 

Dal Kappa, al Flowers, i festival che insieme a voi animano l’estate torinese sono tanti, non si rischia di “pestarsi” un po’ i piedi? 

“Abbiamo visto che ristoranti e bar lavorano tanto quando ce ne sono uno vicino all’altro. Vale anche per i festival. Credo che la sovrapposizione non ci sia perché sono esperienze diverse. Più eventi ci sono e più siamo portati a pensare a Torino come una music city. C’è la voglia di far emergere il territorio, facendo vedere che abbiamo un’offerta importante, forse superiore ad altre città d'Italia come Milano”.

Abbiamo immaginato di avere in città il Primavera Sound, ma Torino ha davvero le carte in regola e nel caso cosa dovrebbe fare per ospitare un festival di questo tipo? 

“È stato un bel sogno. Crediamo che avere un format di quel tipo farebbe bene all’Italia non solo a Torino. Avevamo le carte in regola, perché la nostra è una città molto urbana e il Primavera Sound è un festival urbano. Quello che è mancato forse è stato un po’ di coraggio, di osare, ma probabilmente i tempi non erano maturi”.

Da qui ai prossimi cinque anni, qual è il sogno nel cassetto di Fondazione Reverse?

“Vogliamo continuare con lo sviluppo di nuovi progetti ed essere più internazionali possibili. Solo così saremo più riconoscibili dentro e fuori il Paese, in generale dobbiamo essere meno locali e più internazionali come territorio”.

Chiara Gallo

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