Vita immaginaria è il tema della nuova edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino. Tra le varie vite protagoniste della giornata inaugurale ce n'è una particolarmente “reale” e “vissuta”: quella di Roberto Vecchioni, racchiusa nel libro “Tra il silenzio e il tuono” edito da Einaudi e presentato nel pomeriggio in una Sala Oro stracolma.
Un “falso” romanzo epistolare
Nel libro, il grande cantautore ripercorre alcuni tra i momenti più significativi della propria vita analizzando aspetti come l'amore, l'amicizia, la musica e le parole. Tutto questo in un modo inaspettato e di certo non banale, in cui il sé bambino scrive a un nonno immaginario: “Tra il silenzio e il tuono - ha dichiarato – è in realtà un falso romanzo epistolare perché il destinatario delle lettere non risponde mai, ma al tempo stesso è duale perché il nonno parla al mondo con la consapevolezza di chi ha già le risposte. È il mio corpo che scrive alla mia anima e al suo interno racconto me stesso da quando ho 6 anni ad adesso che ne ho 81 con un realismo terrificante che non è da me”.
L'amore per le parole
Tra i grandi amori descritti nel romanzo, il primo è sicuramente quello per le parole: “Le parole – ha proseguito – servono a tutto ed è come se mi parlassero: amo la loro sonorità e come si aggrovigliano tra di loro per diventare frasi in quello che per me è un gioco. Al contrario, mi disturbano le cacofonie, le interruzioni, i periodi che non hanno una costruzione ritmica, le ripetizione; come diceva Montale, le parole stesse sono musica”.
La genesi di Samarcanda
A proposito di musica, Vecchioni ha svelato un retroscena sulla “travagliata” genesi di una delle sue canzoni più famose e del suo ritornello: “In un articolo di ciclismo del '76 sulla Gazzetta dello Sport – ha ancora aggiunto – lessi di un corridore finito 'come il soldato a Samarcanda': incuriosito, decisi di approfondire e scoprii da mio fratello che si trattava di una citazione presa da un libro. 'Oh oh cavallo oh oh', invece, nacque da un'imprecazione rivolta ad un automobilista a Milano”.
Il dolore per la morte del figlio
Grande commozione, infine, quando Vecchioni ha ricordato il figlio Arrigo, morto lo scorso anno a 36 anni: “Da quel giorno in poi - ha concluso – mia moglie piange tutti i giorni: anche se, dopo un anno, si dovrebbe smettere, nella lettera che le scrivo le dico di continuare e di fottersene del giudizio della gente. Non si deve permettere al dolore di nascondere l'amore e se non si sta bene bisogna farlo vedere”.