Entro il 2040 il Nord Italia potrebbe avere quasi 2 milioni e mezzo di residenti in meno rispetto agli attuali: si passerà dai 27,4 milioni di abitanti del 2023 a 25,1 milioni. Gli effetti si vedranno specie in Lombardia (-673mila), Piemonte (-493mila) e Veneto (-387mila). Nel Nord-est la riduzione sarà di 939mila persone, nel Nord-ovest di 1,4 milioni. La discesa sarà fin da subito rapida: -143mila unità all'anno nei prossimi sette anni in tutto il Nord Italia.
Non si tratta di ipotesi o di previsioni catastrofiche… Tutto questo, se non ci saranno nuove migrazioni o una decisa inversione nelle nascite. Questa, infatti, è la semplice analisi matematica, tenendo conto del calo di nascite registrato negli ultimi decenni.
I tecnici la chiamano “glaciazione demografica” e se volessimo applicarci al gioco del "cancella la città", ovvero una lista del tutto soggettiva di città e centri che potrebbero 'sparire', se la perdita di abitanti fosse concentrata in esse, in Piemonte diverrebbero disabitate Alessandria, Asti, Cuneo, Moncalieri, Collegno, Rivoli, Nichelino, Vercelli e Biella.
La diminuzione della popolazione non sarà uniforme; saranno i centri più remoti e isolati, con minori servizi (sanità, scuole) e più basse prospettive di lavoro e vita sociale, a pagare il conto più salato. L'abbandono di questi luoghi farà venire meno, ad esempio, la manutenzione dei boschi e dei terreni, con conseguente aumento del rischio idrogeologico.
Meno abitanti significherà minore mercato interno, dunque più bassi consumi ma anche investimenti inferiori. Ci saranno sempre più anziani e diminuzione dei giovani; il mercato immobiliare subirà un forte contraccolpo, così come l'accumulo dei risparmi privati. La 'glaciazione' influirà naturalmente sui consumi: meno pannolini per neonati, più ausili sanitari per i vecchi.
Facendo sempre meno figli e cercando di evitare l’arrivo di nuovi migranti il destino è segnato. Poi non dite che non ce l’avevano detto.