A Torino da tutte le parti del mondo, con una passione comune: quella per la città in cui si ritrovano a vivere (per motivi di lavoro, di famiglia o semplice destino). Ma soprattutto con l'obiettivo di fare rete, aiutare chi si trasferisce nel capoluogo piemontese e fare del bene a chi ha bisogno. Tutto questo, dal 1960, è IWCT, sigla che significa "International Women's club of Torino".
La responsabile delle iniziative di beneficenza è Karima Jadallah, che porta nel suo dna le tracce di un mondo intero, vario e suggestivo. "Mia mamma è peruviana, ma i suoi genitori erano italiani. Mio padre, invece, era un diplomatico palestinese".
Signora Jadallah, lei da quanto tempo è a Torino?
"Ho vissuto qui dal 1999 e dell'associazione sono stata anche presidente. Sono poi andata via nel 2011, ma poi sono tornata nel 2020. Non riuscivo a stare lontana da Torino (sorride) e nemmeno da IWCT".
Qual è la storia di IWCT?
"La nostra associazione è nata nel 1960, su iniziativa di una donna statunitense che era venuta a vivere a Torino insieme a suo marito. E' un'associazione culturale-ricreativa, senza lucro e fin dalla nascita l'obiettivo è stato quello di aiutare tutte le donne straniere, soprattutto americane, almeno all'inizio, che venivano in città a vivere e lavorare: un modo per imparare la lingua, per immergersi e conoscere meglio la cultura del posto, ma anche per promuovere i luoghi di interesse. Un modo per integrarsi, insomma".
I primi passi avanti?
"Diciamo negli anni 80, quando l'associazione è cresciuta ed è nata la necessità di avere un gruppo dirigente: dunque una presidente, una vicepresidente, un segretario e una persona responsabile delle attività di beneficenza. Ancora oggi, le due attività che ci impegnano maggiormente sono proprio la cultura e la solidarietà. Lavoriamo con diverse tipologie di associazioni a Torino e in varie zone del Piemonte. Raccogliamo fondi e distribuiamo i soldi che riusciamo a raccogliere. A Natale, per esempio, con il "Christmas bazar", ma anche in Primavera organizziamo altri eventi di raccolta fondi".
Come scegliete chi aiutare?
"Prima erano i singoli soci a farsi promotori di cause e associazioni, presentando le candidature. Ma dal 2021 abbiamo iniziato a realizzare un bando per le associazioni che possono beneficiare del nostro sostegno. A settembre, quando iniziano le nostre attività, vengono presentate ai soci le tre iniziative selezionate con il bando, si vota e il rapporto con loro dura per due anni. Oggi aiutiamo Svoltadonna, un associazione contra la violenza alla donna. Questo anno un concerto di beneficenza al finale di maggio con la canta Laura Claycomb (Opera Against Violence) per sostenere Svoltadonna".
Quante persone raccoglie, IWCT, a Torino?
"Siamo 250 donne che vivono a Torino o nelle zone vicine. Arriviamo da 46 Paesi diversi e la presidente, al momento, è Tanya Dhaliwal, canadese, ma con origini indiane, con un comitato di 13 donne, tutti volontari che aiutano per la gestione. Se inizialmente c'erano tante persone americane, ora contiamo molte inglesi, ma anche australiane, argentini, ucraini, polacchi, messicani, libanesi, siriani, marocchini,cinesi, e russi . Dipende dai flussi delle persone che vivono qui, che di solito si fermano dai due ai cinque anni, in media. Ma abbiamo anche tanti italiani che hanno trascorso un periodo della loro vita all'estero e che adesso sono rientrati. Loro sono molto preziosi per insegnare la lingua italiana. Inoltre, la nostra associazione fa parte della Federation of American womens clubs overseas, che lavora a livello globale visto che ha presenze in quasi tutto il mondo. E che si dedica soprattutto ad aiutare donne e ragazze".
A parte occuparvi di progetti solidali, cosa fate con IWCT?
"Ogni mese abbiamo eventi e appuntamenti, dalla lettura dei libri - la nostra biblioteca ne custodisce oltre mille, tutti in inglese, ma anche libri e dvd - a degustazioni di vino, ma anche momenti di incontro business, concerti, gare di burraco, concerti di musica, corsi di ballo, attività culturali, visite guidate tra le curiosità di Torino e yoga club. Ma non solo: abbiamo anche gruppi per mamme con bimbi piccoli e un coworking pensato per quelle donne che vogliono lavorare insieme alle altre".
Un sogno per il futuro?
"Visto che ciascuna di noi paga un'iscrizione di cento euro all'anno, non vogliamo sprecare risorse per una sede fisica. E quindi, per limitare i costi, di volta in volta ci si sposta di casa in casa o nei locali che vogliono lavorare con noi. Ci piacerebbe chiedere al Comune uno spazio in cui poterci stabilire in maniera definitiva, ma non siamo ancora riusciti a entrare in contatto".