Scioperano davanti al tribunale, mentre di solito il loro lavoro è dentro le aule, a trascrivere e verbalizzare tutto ciò che accade durante le udienze.
Sono i Fonici e trascrittori forensi che oggi hanno deciso di incrociare le braccia per richiamare i riflettori sulla loro condizione. Sono 16 solo presso il trubunale di Torino, ma in tutto italia sono oltre 1500. Al loro fianco, il sindacato Filcams Cgil.
"Abbiamo un contratto multiservizi, con contratti di 3-4 ore al giorno. Ma se non ci sono udienze sufficienti a coprire il monte ore, si recupera in altri giorni. Chi prende molto, arriva a circa 700 euro al mese", spiegano le lavoratrici che hanno portato striscioni e cartelli fuori da Palazzo di Giustizia. Ma anche un carico di sofferenza e frustrazione.
"Siamo fondamentali, perché garantiamo un servizio essenziale in un ambito importante come la Giustizia. Ma ci sentiamo dei fantasmi. A volte stiamo ore e ore in aula, senza soste. E vogliamo veder riconosciuta la nostra professionalità: c'è chi fa questo mestiere anche da 30 anni e vogliamo essere dipendenti del Ministero di Grazia e giustizia. Al momento sono servizi dati in appalto a società o cooperative", dice Gabriella. "E l'appalto scade a giugno".
Sul tema del ruolo svolto in aula, le lavoratrici e i lavoratori segnalano come serva "una formazione specifica e competenze sia in conoscenza di termini tecnici che giuridici, ma anche nell'uso delle tecnologie".
Il timore, per assurdo, arriva dal Pnrr, che per altre categorie è atteso come il Messia. "Coi fondi del Pnrr hanno assunto una nuova figura professionale denominata "data entry", che nel mansionario potrebbero sovrapporsi a quello che facciamo noi. Magari, finito il contratto, non ci rinnovano più. Ma questi soldi potrebbero usarli anche per noi, con internalizzazioni o società in house".
E c'è anche una difficoltà a trovare altri mezzi di sostentamento. "È complesso avere altri lavori, perché non si sa che orari e per quanto tempo. È difficile pure andare dal dentista".