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Copertina | 01 febbraio 2024, 00:00

Renato Romagnoli, il chirurgo delle "Missioni Impossibili" alla Tom Cruise

Non ama definirsi mago dei trapianti. "Più dei successi, ricordo i volti e le parole di tutti coloro che non ce l'hanno fatta"

Renato Romagnoli, il chirurgo delle "Missioni Impossibili" alla Tom Cruise

Questa copertina è un regalo di compleanno che arriva con qualche ora di ritardo, visto che il professor Renato Romagnoli è nato il 31 gennaio del 1966. Medico specializzato in Chirurgia Generale, nel corso degli anni ha sviluppato competenze nell'ambito della Chirurgia digestiva e dei trapianti di fegato e pancreas.

E' una delle eccellenze che operano alla Città della Salute di Torino, ma guai a dirgli che le sue mani valgono oro, per le tante vite che ha salvato. "Io ricordo alcune situazioni disperate, la zia di un collega e un altro intervento in cui ci inventammo letteralmente qualcosa sul momento per salvare la vita. Ma il punto qui è un altro".

Professor Romagnoli, qual è il punto allora?

Io ricordo benissimo le eccezioni, tutte le volte che non siamo riusciti a salvare un paziente. Ho ancora in mente i volti e i nomi di coloro che non ce l'hanno fatta.

Si rimprovera qualcosa?

"Non hai mai vinto prima di farcela", diceva il prof. Jean Bernard Otte, detto il Maestro. Il ricordo degli insuccessi, per quanti pochi possano essere, ti marchia, perché dalla volta successiva vuoi fare di tutto perché non risucceda. E poi nella medicina noi siamo abituati a dire che i trionfi sono condivisi e partecipati da tutti, ma le morti e gli insuccessi sono orfani.

Nato e cresciuto a Torino, a parte gli anni in Belgio in cui si era specializzato nella chirurgia generale complessa, ha sempre lavorato qui. Come è il suo legame con la città?

Il rapporto è fortissimo, io sono orgoglioso di essere torinese e lo dico sempre a tutti, quando sono in giro per l'Italia o per l'Europa per lavoro. Questa è in tutto e per tutto una città sabauda, in cui si pensa molto a fare e lavorare, poco a chiacchierare.

Quali passioni coltiva, nel poco tempo libero che una professione come la sua le lascia?

Io sono appassionato di Dante Alighieri, la metà dei libri che ho nel mio studio sono suoi. E poi la Divina Commedia ci racconta tutte le tipologie umane che incontriamo ancora adesso ogni giorno, ci ricorda quali sono i vizi che dobbiamo evitare.

Immagino che sia il Sommo Poeta l'uomo che vorrebbe incontrare, se avesse la macchina del tempo.

Lui certamente, anche per la sua storia personale di esule, che non ha mai trovato casa dopo essere stato cacciato ed esiliato. Ma penso anche a Martin Luther King e Madre Teresa di Calcutta, due persone che sono andate conto tutti e tutto per difendere la loro fede, intesa come valori e principi cui non rinunciare mai, tenendo fede ai principi, senza mai vendersi o fare compromessi.

Quando aveva 10 anni cosa sognava di diventare Renato Romagnoli?

Già a 8 anni ero deciso a fare il medico, era un'idea fissa che avevo fin da piccolo. Mi sono laureato nel 1990, quelli erano stati gli anni d'oro dei trapianti di organi, quindi da lì poi è venuta l'idea di fare altrettanto.

E tra 10 dove si immagina? Magari in politica?

Non scherziamo. Mi vedo in pensione, ad occuparmi dei miei nipoti, sperando che i miei figli si diano da fare. Ma facciamo quindici anni, visto che Riccardo (21 anni), Lorenzo (19) ed Edoardo (18) sono ancora molto giovani.

Qualcuno di loro seguirà le orme paterne?

Al più grande, Riccardo, che studia medicina, ho già adesso consigliato di andarsi a formare il più lontano possibile da me. Deve avere la sua libertà e autonomia, deve crescere e raggiungere i suoi obiettivi contando solo sulle proprie forze, con una grande autostima, senza sentire il peso del cognome che porta.

La sua, per certi versi, è una vita da cinema. C'è un attore che le piace in modo particolare?

Amo molto Paola Cortellesi, tutti i suoi film sono di alto livello, l'ultimo è stato davvero meraviglioso. Se amo ridere c'è Checco Zalone, ma visto che io prediligo i film di azione, allora le direi Tom Cruise. Ricordando Top Gun agli inizi e poi tutta la saga di Mission Impossible.

Come lo sono molti dei suoi interventi... Ma tra ER e New Amsterdam, le piacciono le serie tv dedicate alla medicina d'urgenza?

In famiglia da noi è molto amata la serie Doc, che è italiana, con un medico torinese come Luca Argentero, che indaga meglio il rapporto tra medicina e paziente. E, a proposito di famiglia, ringrazio quella ‘santa’ di mia moglie Stefania, farmacista, che condivide con me molto del peso che tengo sulle spalle.

La prossima frontiera da raggiungere?

Poter lavorare in un ospedale moderno e non costruito nel 1935 come le care vecchie Molinette. La prima volta che ci sono entrato, da studente, era il 1988: era vecchio già allora, si immagini oggi... Ma non parlo di sale operatorie o macchinari, parlo dei controsoffitti, delle tubature, dei limiti strutturali con cui devono convivere coloro che ci lavorano.

E per la medicina in generale cosa si augura, pensando ai prossimi 10 anni?

Guardi, la medicina non è altro che l'applicazione di sofisticati sviluppi tecnologici per la cura dei pazienti. Non è il nuovo modello di tv o di telefonino, ma la nuova cura per salvare un paziente il futuro che abbiamo davanti. Scienza e coscienza, parlando con il malato bisogna ricordarsi che un giorno potresti esserci tu dall'altra parte.

Massimo De Marzi

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