Giuseppe Chiappero era un noto imprenditore edile, quando il 18 ottobre del 1943 venne arrestato dalle Ss per essere poi deportato in Austria e morire nel castello nelle camere a gas del castello di Harteim l’11 luglio dell’anno seguente. Stamattina l’artista tedesco Gunter Demnig è venuto a Pinerolo a porre una delle sue ormai centomila pietre d’inciampo in via Buniva, all’altezza del civico 54, dove Chiappero aveva il suo studio.
Dopo la posa della pietra, curata dallo stesso Demnig, si sono alternati interventi di Comune, Anpi locale, Aned (Associazione nazionale ex deportati), allievi della scuola Silvio Pellico e parenti del deportato. Tra questi ultimi il nipote che porta il suo stesso nome e ha sottolineato come la sua non fu una scelta eroica, ma “scelse di non vivere in un paese occupato, ma di aiutare con le sue competenze, le capacità organizzative e le disponibilità economiche la lotta partigiana”.
Chiappero, infatti, assieme all’amico Luigi Barbieri, procuratore alla Banca Generale di Novara, dopo l’8 settembre, aveva deciso di aiutare la Resistenza, fornendo sostegno al gruppo di partigiani che si era formato a Prarostino. Un suo dipendente, però, lo tradì, consegnandolo ai nazifascisti, che vennero a prelevarlo con la scusa di un lavoro. Il suo primo approdo furono le Carceri nuove di Torino, prima della deportazione in Austria.
La sua famiglia, nel 2015 e nel 2017, ha compiuto due viaggi per ricostruire la memoria dei suoi ultimi mesi di vita, verificando come l’imprenditore, dopo essere stato a Mautahusen e nel campo di lavoro di Ebensee, fosse morto nel Castello di Harteim, dove si veniva uccisi lo stesso giorno in cui si arrivava. Mentre la propaganda nazifascista aveva comunicato alla moglie una scomparsa nel novembre 1944 a causa di un bombardamento alleato.