Attualità - 28 novembre 2023, 17:36

Quello d’alpeggio è andato a ruba: i produttori della Val Pellice riflettono sul futuro del Sërvage

Alcuni le avevano già finite a settembre, altri ad ottobre. Le forme prodotte con il latte delle vacche al pascolo in alta quota sono state vendute velocemente ma la richiesta del formaggio è ancora alta

Il Sërvage

C’è chi è sceso dall’alpeggio senza portarne a valle nemmeno una forma. Chi da cinquant’anni fa formaggio e tuttavia è rimasto stupito dalla velocità con cui è stata esaurita la produzione. Il Sërvage d’alpeggio della Val Pellice ha superato il banco di prova della commercializzazione e buona parte dei produttori ha ricominciato a prepararlo con il latte degli animali ormai a valle perché la richiesta è ancora forte. “Cerchiamo di produrne il più possibile ma la maggior parte degli animali deve ancora partorire quindi la quantità di latte disponibile non è abbastanza” afferma Luca Charbonnier. Lui è sceso dal suo alpeggio a Chiot la Sella (Villar Pellice) senza portarne con sé nemmeno una forma perché a fine settembre l’aveva già finito tutto.

Che i presupposti fossero buoni, lo aveva intuito uno che fa formaggio da cinquant’anni, come Pier Claudio Michelin Salomon. Già nella fase di sperimentazione prima del lancio ufficiale del Sërvage avvenuto a fine novembre dello scorso anno. “L’abbiamo studiato bene: ha tutte le caratteristiche per superare nelle vendite il Saras del fen – prevede Michelin Salomon – che è il prodotto tipico della Val Pellice ma ha un mercato un po’ più di nicchia”. Lui aveva preparato un centinaio di forme con il latte delle vacche in alpeggio all’Alpe Roussa (Bobbio Pellice) e ad ottobre le aveva già vendute tutte.

Sono un centinaio i chili di Sërvage d’alpeggio venduti invece dall’azienda agricola Natalino Catalin entro il mese di ottobre. D’estate le sue vacche pascolano all’alpeggio Caugis (Villar Pellice). “Non ci aspettavamo di finirlo ma è una bella soddisfazione dopo due anni di sperimentazione” afferma per l’azienda agricola Desi Ayassot. Secondo lei il successo è legato alla scelta di trovargli un nome e alla capacità di associare una leggenda: “La comunicazione ha fatto la differenza soprattutto per i turisti e i clienti che non abitano in Val Pellice – sottolinea –. Piace l’etichetta, il libretto con la leggenda e la cartolina illustrata che distribuiamo a chi lo acquista per la prima volta. Se ne vanno con l’impressione di portarsi via un pezzo di valle”.

Un altro punto di forza è la sua versatilità in cucina: “Chi ha avuto modo di utilizzarlo per la preparazione di fondute ha apprezzato la sua capacità di fondere benissimo” aggiunge Ayassot.

Anche la scelta di commercializzarlo in piccole forme ha contato: “Al banco del mercato, settimana dopo settimana, alcuni clienti sono passati dal comprarne un quarto, alla metà, per poi finire con la forma intera” racconta Michelin Salomon.

Nei prossimi giorni verrà convocata una riunione tra i produttori di Sërvage per riflettere su quanto successo e capire se ci sono i margini per aumentare la produzione: “Il prodotto ha dimostrato di essere valido e di ottenere un buon riscontro soprattutto nella vendita diretta: in alpeggio e al mercato – commenta Charbonnier –. Ora dobbiamo decidere come andare avanti perché la richiesta è tanta e facciamo fatica a soddisfarla tutta”.

Elisa Rollino