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Attualità | 26 novembre 2023, 14:08

Dal Pinerolese al tetto del mondo: Alberto Avalis, l’unico paracadutista italiano ad essersi lanciato al cospetto dell’Everest

Quasi ventimila salti in sedici anni, ma questo ha qualcosa di speciale: “Sono tra i pochi fortunati al mondo, probabilmente il lancio più bello della mia vita. Da dieci anni sognavo di realizzarlo"

paracadutista

Alberto Avalis, l’unico italiano ad essersi lanciato al cospetto dell’Everest

Si chiama Alberto Avalis, ha 34 anni e, negli ultimi sedici, ha effettuato quasi 20mila lanci in giro per il mondo con il paracadute. Da qualche giorno è tra i pochi fortunati al mondo, l’unico italiano , ad essersi buttato a 7.200 metri di altezza, sul tetto del pianeta, al cospetto del Monte Everest. 

È originario della provincia di Cuneo, precisamente di Manta, nonostante da diversi anni la sua famiglia viva ad Osasco, nel Pinerolese. È il fratello di Stefano, il ritrattista dei vip, di cui abbiamo avuto modo di parlare in passato sulle pagine di Targatocn.it e Piazza Pinerolese. 

Questo genere di avventure sono di casa nella famiglia Avalis. E quella di Alberto è solo l’ultima della serie. Nel settembre 2019 arrivò sulla cima del Monviso in 14 ore partendo da Dubai alle 3 del mattino con il raggiungimento della vetta alle ore 17. Nel 2020 raggiunse la cima del Monte Kilimanjaro in Africa a quasi 6000 metri d’altezza. Alberto, tra l’altro, è detentore di diversi Guinnes World Record nell’ambito del paracadutismo sportivo.

Dubai è la città dove vive e lavora come istruttore di paracadutismo da ormai undici anni e dove ha avuto modo di accompagnare in quota star hollywoodiane, dello sport e dell musica o le loro famiglie: Will Smith, Tom Cruise, Lewis Hamilton, Martin Garrix per citarne alcuni. 

La sua carriera professionale è partita nel 2012, prima in Australia e poi negli Stati Uniti, dopo aver svolto per qualche anno questa pratica come hobby. 

Ma è nella città degli emiri dove Alberto è ormai di casa: qui è presente uno dei più grandi e rinomati centri di paracadutismo al mondo di propietà della famiglia reale Emiratina.

Nonostante questo resta comunque affezionato alla terra di origine. 

“Mantengo un forte legame con il mio paese - racconta Alberto - Ritorno spesso per visitare familiari e amici e per dedicarmi alla mia seconda grande passione: la montagna.”

E proprio al cospetto della montagna più alta del mondo che Alberto ha effettuato uno dei lanci più spettacolari della sua carriera, avvenuto a metà del mese di novembre, il periodo in cui qui le condizioni climatiche sono migliori per i vari trekking , summits himalayani e di conseguenza per lanciarsi con il paracadute.

“Ero già stato in Nepal in altre tre occasioni. L’ultima volta ad aprile avevo raggiunto il campo base dell’Everest a un altezza di 5364 e arrivato in cima al Kala Patthar a 5.644 metri- ci racconta - ma questa volta è stato diverso e soprattuto più impegnativo, specialmente per la logistica e per la particolare posizione della drop zone (zona di lancio ndr).” 

"Partiti da Kathmandu a inizio novembre con il team di Everest Skydive - spiega - siamo atterrati a Lukla, aeroporto considerato il gate d’ingresso della valle del Khumbu. La regione del Khumbu è situata nel cuore dell’Himalaya del Nepal, precisamente a pochi chilometri a nord di Kathmandu. È una regione conosciuta per la catena montuosa più alta della Terra e da qui vi si accede al campo base per raggiungere l’Everest.

"Una volta arrivati - continua - lì la spedizione è partita per un trekking di quattro giorni verso la drop zone. Arrivati alla località del nostro campo base e dopo varie preparazioni con un elicottero attrezzato appositamente per i lanci ad alta quota ci si siamo alzati in volo accanto ad alcuni dei più iconici “Ottomila" himalayani, tra cui l'Everest, il Lhotse, il Makalu e il Cho Oyu. Ho effettuato in totale tre lanci, due dei quali da 7.200 metri di altezza.”

"In questa avventura - prosegue Alberto - ero accompagnato da un team di professionisti provenienti da tutto il mondo: Francia, Russia, Nepal, Arabia Saudita e America. Tutti esperti e preparatissimi ad affrontare salti in località remote come questa nella Valle dell’Everest.”

"La principale difficoltà - afferma il paracadutista mantese -  è stata l'altitudine del salto, che ha richiesto l'uso di un sistema appositamente creato per il paracadutismo ad alta quota con maschera e bombola d'ossigeno, per prevenire il pericolo dell’ipossia. L'ipossia è una condizione in cui il corpo o una regione del corpo è privo di un adeguato apporto di ossigeno. Questa situazione può derivare da diversi fattori, tra cui l'alta quota, problemi polmonari, anemia o problemi circolatori. Quando le cellule non ricevono sufficiente ossigeno, possono verificarsi danni tissutali o disfunzioni d’organo. Altre variabili, come l'estremo freddo, la logistica dei salti e l'aria più rarefatta, hanno reso il salto e gli atterraggi con il paracadute tecnicamente molto più difficili e impegnativi.”

Per Alberto Avalis questo lancio rappresenta un sogno che si realizza.

“Da più di dieci anni pensavo di realizzarlo, ed è stato incredibile. L'impatto emotivo di volare vicino a montagne così imponenti come l'Everest è stato straordinario, quasi come se potessi toccarlo. Sono tra i pochi fortunati al mondo, l’unico italiano al momento , ad avere avuto questa fortuna: saltare in una delle località più belle e iconiche del nostro pianeta.” 

"È stato molto probabilmente il lancio più bello della mia vita, con la vista più incredibile che abbia mai visto - conclude Alberto - Solo stando lì una persona realizza quanto siamo piccoli al cospetto di Madre Natura e della sua bellezza. Ne vorrei approfittare per ringraziare tutte le persone che hanno reso questa avventura realizzabile, aiutandomi in tutto e credendo in me".

Daniele Caponnetto - Targato Cn

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