Non solo Lear, ora rischia di aprirsi anche un altro fronte per le crisi aziendali torinesi. Fim e Fiom, infatti, esprimono preoccupazione per il destino di TE Connectivity, realtà multinazionale che produce connettori per l'industria del bianco (grandi elettrodomestici) e che sarebbe intenzionata a chiudere due stabilimenti in Italia, uno dei quali a Collegno. Se così fosse, sarebbero 300 le persone coinvolte.
"Questa notizia, se confermata, sarebbe di un’estrema gravità - dicono i sindacalitisti dei metalmeccanici di Cisl e Cgil -: una notizia che piomba sui lavoratori dell'azienda in modo inatteso e in un territorio già pesantemente interessato da altre importanti crisi aziendali".
Nella giornata di ieri è stata proclamata un'ora di sciopero con assemblea per informare le lavoratrici e i lavoratori. Nel corso delle assemblee è stato dichiarato lo stato di agitazione permanente.
"Sempre nelle scorse ore, la direzione aziendale ha risposto con una lettera a tutti i dipendenti che nei fatti non smentisce e di conseguenza non rassicura sulle sorti dello stabilimento", dicono ancora i sindacati. "Peraltro rileviamo che il bilancio 2022 della TE Connectivity Italia srl, radicata in Piemonte, è stato chiuso in attivo per più di 8 milioni di euro".
“L’azienda deve mantenere gli impegni sottoscritti a giugno 2022 con le organizzazioni sindacali territoriali e RSU, nel quale confermava la vocazione manifatturiera dello stabilimento di Collegno, gli assetti occupazionali, gli investimenti in macchinari - dice Marco Barbieri operatore FIM Torino per TE Connectivity -. L’azienda deve smentire le notizie stampa circa la chiusura dei siti italiani di TE Connectivity”.
E Antonino Inserra responsabile Fiom Collegno, insieme a Giorgia Perrone responsabile Fiom per TE Connectivity aggiungono: "Chiediamo all’azienda di fornire una smentita ufficiale a mezzo stampa e di presentare celermente un piano industriale che dimostri nei fatti la volontà dell'azienda di restare in Italia. In caso contrario non si può che ritenere le informazioni di stampa più che fondate”.