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Cultura e spettacoli | 30 ottobre 2023, 14:26

Dalla Palestina a tutto il mondo: il museo itinerante di Khalil Rabah arriva alla Fondazione Merz [VIDEO]

Fino al 28 gennaio, la mostra che racconta il progetto che mette insieme ambiente, storia e condizione umana. Beatrice Merz: "La cultura ruolo di ponte tra i popoli. L’augurio in questo momento è di cessare il fuoco"

fondazione merz

Il museo itinerante di Khalil Rabah arriva alla Fondazione Merz

La Palestina è il punto di partenza del lavoro di Khalil Rabah “Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind”, in mostra alla Fondazione Merz fino al 28 gennaio. L’artista nato a Gerusalemme nel 1961, vive e lavora a Ramallah, Cisgiordania. La sua presenza a Torino è stata in forse fino all’ultimo a causa dello scoppio della guerra israelo-palestinese.

Inaugurare la sua mostra in questo momento storico non è stata una decisione semplice, come conferma Beatrice Merz, presidente della Fondazione Merz: "Difficile prendere una decisione del genere perché i dubbi sul proprio ruolo vengono, ma penso che sia importante mantenere fermo e saldo questo principio: la cultura può essere un tentativo di svolta. L’augurio - aggiunge - in questo momento è che cessino il fuoco. Dopodiché c’è il tempo di parlare e di trovare soluzioni".

L’artista palestinese ha iniziato il progetto The Palestinian Museum of Natural History and Humankind vent’anni fa, nel 2003. Si tratta di un'opera itinerante, in costante divenire, che si arricchisce di anno in anno e che si riferisce alla Palestina, non solo come luogo, ma anche come richiamo alla terra, come mezzo narrativo per evolvere il sapere. Un vero e proprio museo nomade con dipartimenti come geologia, botanica e paleontologia.

La mostra alla Fondazione Merz è un'estensione di questo progetto e si presenta come una sorta di cantiere archeologico, sfidando il ruolo del museo come mero contenitore e  focalizzandosi sull’arte come strumento di interpretazione e rilettura della storia. "Con la cultura puoi ripensare alla storia, de-costruirla, immaginare il futuro e sogni potenziali", spiega l'artista.

Ambiente, storia e condizione umana sono al centro della ricerca di Rabah che ha cercato negli di rispondere a domande e speculazioni storiche che ha vissuto in prima persona. "Ho iniziato con questo progetto nel 2003, ma era qualcosa di costruito negli anni. A volte mi sembra sia nato con me".

In mostra troviamo tra le altre l'opera Acapamento Vila Nova Palestina, dove figure umane sono ritagliate e il vuoto diventa simbolo di ogni precarietà umana. "La loro è una presenza attraverso l'assenza. È un lavoro ispirato alla più grande favela in San Paolo. Un gruppo di persone senza casa ha deciso di spostarsi una una certa area in cui volevano vivere. Le stesse persone le hanno dato il nome New Palestine. È interessante come abbiano voluto legare la loro condizione, in Brasile, a quella che pensavano fosse la stessa situazione in Palestina, dove le persone cercano un posto che possono chiamare casa".

Ruolo centrale nella mostra è quello dell’ulivo, protagonista del lavoro di Rabah sin dai primi anni ’90 e che qui trovano posto sotto “tappeti magici” e fanno rivivere i deserti aridi delle politiche internazionali.

"Dove sono cresciuto gli ulivi sono l’albero più importante. Per me è stato interessante lavorarci come strumento vivente. Un albero è un essere vivente, cambia, le persone ne usano le foglie, le frantumano, le bevono, producono olio dalle olive, usano il legno per il fuoco. È qualcosa che usano per vivere e con cui crescono. Mio nonno mi diceva che toccando le foglie potevi sentire come sta, se è vivo, è come se stessi facendo l’amore con qualcuno. L’albero è qualcosa di legato alla vita". 

Il progetto dell’artista si conclude con l’opera In this issue. Act 1: Painting, un grande archivio delle attività dei dipartimento del museo ideale consultabile al pubblico.

"Il progetto - conclude la curatrice Claudia Gioia - nasce in un contesto che è quello della realtà palestinese, ma si apre a tutti i contesti. Non stiamo assistendo a una partita di calcio, ma a una guerra che coinvolge tutte le parti. Continuo a credere nel valore dell’arte e della cultura come ponte tra i popoli. L’arte può far dialogare anche dove non sembra possibile. Ecco, spero che la mostra riesca a trasmettere la possibilità di trovare questo dialogo, trovare una strada per risolvere i conflitti del mondo".

Per info: www.fondazionemerz.org

Chiara Gallo

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