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Volley | 21 ottobre 2023, 09:35

PROGETTO CAMPIONI. Il sogno di dedicare la sua vita alla pallavolo: alla scoperta di Yasmina Akrari

La centrale della Wash4green Pinerolo racconta il suo percorso tra soddisfazioni e momenti bui

Yasmina Akrari, mvp contro Macerata, nella scorsa stagione, festeggia con il pubblico e la squadra (foto di Christian Bosio)

Yasmina Akrari, mvp contro Macerata, nella scorsa stagione, festeggia con il pubblico e la squadra (foto di Christian Bosio)

Ritorna l’appuntamento periodico con ‘Progetto Campioni’, la nuova rubrica all’interno dei quotidiani del gruppo editoriale Morenews.

Paola Mascherin ci racconterà i profili degli atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza. 

Oggi è il turno di Yasmina Akrari, pallavolista classe 1993, che attualmente gioca come centrale nella Wash4green Pinerolo. Yasmina ripercorre insieme a noi i suoi primi momenti sotto rete, raccontandoci la sua carriera e la realizzazione di un sogno: vivere di pallavolo.  

Yasmina, come ti sei appassionata alla pallavolo?

“Amo fare sport e ho sempre avuto la fortuna che mi riuscissero tutti abbastanza bene. In realtà ho fatto tutto da sola, non per chi sa quale input. Ho detto mamma voglio giocare a pallavolo, mi sono iscritta e da lì non l’ho più lasciata”.

Chi è il tuo idolo e a chi ti ispiri?

“Ho due persone a cui riconosco un grande capacità sia sportiva che umana, sono Federica Pellegrini e Novak Djokovic. Lei mi piace molto perché si è sempre affermata nonostante tutto e tutti, contro qualsiasi cosa, era molto sicura delle sue capacità e non ha avuto paura delle pressioni che ne derivavano, e questa è una cosa che le invidio molto. Djokovic mi piace come persona, segue sempre in maniera molto fedele il suo punto di vista, diventando sia l’antagonista che l’eroe della sua storia”.

Quando hai capito di voler fare della tua passione la tua professione? 

“Ho capito che avrei vissuto di pallavolo quando ho iniziato effettivamente a viverci, però ho sempre sperato di riuscire a vivere di sport.

Il mio è stato un percorso insolito rispetto alle altre giocatrici, ho sempre giocato in società vicine a casa, in contemporanea alla pallavolo ho sempre avuto la scuola e la famiglia. Non ho mai dovuto fare quella scommessa di mollare tutto per inseguire il mio sogno, ma ci speravo tanto. Stando vicino ai tuoi affetti secondo me la vivi in maniera diversa, mi sono resa conto tardi che avrei potuto fare questo nella vita”. 

Che cosa ti appassiona della pallavolo?

“Molte cose in realtà, mi piace molto che ogni azione valga un punto e si riparta sempre da zero, farlo e perderlo mi crea un saliscendi di azione ed emotività che mi gratifica molto, mi sembra di stare su una montagna russa quando sono in campo. Mi piace il fatto che sia uno sport di squadra per davvero, nel senso che la palla la devono toccare per forza tre persone. È uno sport dove l’ottica del gruppo deve fare molto da padrone rispetto a quella che poi è la parte tecnica.” 

Come è stato passare dalle giovanili, o da quando lo facevi per passione, al professionismo? 

“Per me molto bene, non sono una giocatrice che patisce particolarmente le pressioni, in linea di massima vivo il tutto molto bene. Passare dal farlo diciamo per gioco al professionismo ha comportato delle responsabilità, perché quando scegli di fare questo allora devi farlo per bene. Passare al professionismo mi ha fatto prendere lo sport più sul serio come impegno”.

Che tipo di sforzo richiedeva conciliare studio e sport quando eri più giovane?

“Per me è stato uno sforzo enorme perché all’epoca non amavo così tanto lo studio. Ora mi sono incuriosita di più nei confronti del mondo, ad imparare cose nuove e con un po' di rammarico ripenso al fatto di non aver messo nella scuola lo stesso impegno che mettevo in palestra”. 

Dopo tanti anni di pallavolo cosa continua ad alimentare la tua passione per questo sport? 

“Per me lo sport è una droga, o meglio l’agonismo che ne deriva lo è. Secondo me ruota tutto intorno alle sensazioni che ti da, la competizione è una cosa che a me manca per esempio d’estate quando finisce la stagione. La vittoria e la sconfitta, entrambe, sono cose che quando ne vivi è difficile farne a meno”.

Come hai affrontato i cambiamenti che si sono presentati nel corso della tua carriera?

“Io dai 14 ai 22 anni ho giocato nella stessa società, ho cambiato compagne. Cambiare gruppo squadra in una realtà che già conosci, non mi ha creato tutta questa difficoltà, ero nella condizione di far conoscere me stessa in un posto che per me era già casa. Quando sono andata a Chieri all’inizio è stato difficile, non in senso negativo, ma era per me una nuova esperienza in una realtà che non avevo ancora vissuto. La cosa che personalmente mi premeva di più è stato arrivare in palestra per far vedere di cosa fossi capace”.

Come vivi lo spogliatoio?

“Lo spogliatoio è una dinamica davvero divertente se lo sai vedere nel modo giusto. Mi piace molto stare in compagnia e vivere le dinamiche di gruppo, allo stesso tempo però è anche difficile, bisogna avere rispetto per tutti e capire cosa può essere lasciato andare. Personalmente mi piace avere a che fare con così tante persone e confrontarmi”.

Dove e come ti vedi in futuro?

“Per almeno un altro paio d’anni spero di riuscire a dire ancora la mia sotto rete. Ho un po’ di progetti vari, anche se mi piace andare con la vita e godermi il momento. Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente del wellness, mi affascina molto lo Yoga, quindi vorrei occuparmi del benessere della gente sotto l’aspetto del movimento”.

Cosa diresti a chi ha il tuo stesso sogno?

“Innanzitutto di provarci senza però entrare in palestra con l’ossessione, ma di avere dei piccoli obiettivi che siano raggiungibili e aggiungere piano piano un pezzo. Col tempo ci si rende conto delle proprie capacità, allineando ad esse i sogni perché siano realizzabili. Bisogna avere l’umiltà di capire fino a dove ci si può spingere, e poi essere molto curiosi di tutto, imparare il più possibile da qualsiasi cosa la vita ci metta davanti”.

Come hai superato e consigli di superare i momenti bui?

“Come prima cosa penso che vadano accettati, prima o poi arrivano per tutti e non si può impedire che questo accada. Il fatto di riconoscere di star affrontando un momento buio, di capirmi e aspettarmi, sono un grande passo in avanti. Essere aperti al supporto di chi che sia per me lo rende più leggero da affrontare. 

Un'altra certezza che bisogna tenere a mente è che a un certo punto finiscono”.

Un consiglio che daresti a chi ha il tuo stesso sogno?

“Io direi di fidarsi del proprio istinto e di quello che ci sembra giusto, per esperienza paga. Restare fedeli al proprio punto di vista e alle proprie decisioni di vita, nonostante quello che gli altri si aspettano, per me è fondamentale”.

Che cosa ti fa capire che tutti i sacrifici che hai fatto ne sono valsa la pena?  

“In realtà tutti i giorni quando entro in palestra e faccio quello che mi piace. Vivo di pallavolo, mi pagano per fare uno sport che farei comunque. Mi basta pensare a dove sono arrivata, che è quello che volevo fare fin da piccola, e so che tutti i sacrifici fatti ne sono valsa la pena.” 

Il ricordo più bello che hai della tua carriera?

“Unisce l’aspetto umano e sportivo perché è il ricordo dell’abbraccio con mio nonno dopo la promozione dalla Serie B alla Serie A2 con il Settimo Torinese. È un ricordo collegato a una vittoria sportiva anche se mi è più caro a livello umano”.

Paola Mascherin

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