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Economia e lavoro | 25 settembre 2023, 11:48

Torino e Cuneo fanno del Piemonte il primo della classe, ma sempre più aziende vorrebbero dilazioni dei mutui

La produzione a giugno sale dell'1,6%, bene quasi tutti i settori, ma soprattutto aerospazio e componentistica auto. Ci sono però i primi segnali di sofferenza (e tanti tornano a casa)

Torino e Cuneo fanno del Piemonte il primo della classe, ma sempre più aziende vorrebbero dilazioni dei mutui

Continua a crescere la produzione industriale del Piemonte: a giugno il dato è in aumento dell'1,6%. Un risultato che permetterebbe, se non si guadagnasse nulla da qui a fine anno, di archiviare il 2023 con un +1,5%.

Un dato che promuove quasi tutti i settori, mentre a livello provinciale sono soprattutto Torino e Cuneo a fare da traino, rispettivamente con un +3,6 e un +2,8%. Soffrono invece altre aree geografiche, in particolare Novara (-2,2%) e Asti (-1,5%).

Ma il Piemonte fa meglio della Lombardia e molto meglio del Veneto, in netta flessione.

"Il contesto internazionale è ancora molto complesso, tra costo del denaro e inflazione - dice il presidente di Unioncamere, Gian Paolo Coscia - e anche la guerra non accenna a finire. Ma i risultati restano buoni e continuiamo a lavorare su trasformazioni come il green e il digitale".

 

Ecco i primi scricchiolii

Gli ordinativi crescono del 2,7% (soprattutto con l'export che sale del 5,2%) e lo stesso dimostra il fatturato (rispettivamente +3,8% e +5,9%). Ma il grado di utilizzo degli impianti è del 65%: 5 punti in meno del passato, un primo segnale di allarme

Sono soprattutto mezzi di trasporto ed elettronica a fare bene (+4,8% e +3,6%): più delle auto, però, spingono aerospazio e componentistica auto.

Sale anche l'alimentare (+2,9%) così come la meccanica (-2%). Unico ambito che cala è quello della chimica-plastica (-0,8%), che potrebbe essere il primo segnale di sofferenza.

Altre ombre arrivano dagli ordinativi interni, che colpiscono anche quei mezzi di trasporto che trainano gli altri parametri (-1,1%). Cala l'aerospazio, mentre tiene solo la componentistica. Non per nulla cala il clima di fiducia della manifattura piemontese nel suo insieme.

 

Dilazioni come per il Covid?

Ma la frenata di alcuni colossi globali come la Cina aprono a scenari meno rassicuranti (con effetti a catena su Germania e quindi sull'Italia). E l'aumento dei tassi di interesse rende ancora più necessario un rapporto di fiducia e dialogo tra le imprese e il mondo delle banche. "Lo è sempre stato, insieme alla sburocratizzazione - dice Coscia -, ma l'accesso al credito rende la situazione più grave. E cresce la voglia da parte delle imprese, a cominciare dell'agricoltura, per chiedere il rinvio delle rate dei mutui 2023, come accadde con il Covid".

 

La lezione della pandemia: le aziende tornano a casa

Ma la pandemia ha lasciato dietro di sé anche lezioni "positive". Per esempio la decisione di limitare le delocalizzazioni, riportando produzioni e forniture vicino a casa per evitare nuovi shock.

E se circa un'impresa su 100 ha delocalizzato in passato, soprattutto tessile e mezzi di trasporto, circa 10 su 100 lo ha fatto per l'approvvigionamento dei materiali. E se la quota è del 32% per la produzione (22% l'approvvigionamento), circa una su due ha deciso di riportare tutta la produzione in Italia o di farlo in futuro. Altre due su dieci si affideranno quantomeno a Paesi vicini (nearshoring).

Sono 4 su 10 quelle che vogliono tornare a rifornirsi in Italia, mentre 3 su 10 lo faranno almeno in Paesi vicini.

Una dinamica che nel 50% dei casi si è sviluppata tra il 2020 e il 2022, proprio quando i blocchi per il Covid ha immobilizzato il commercio globale. Alla base della decisione, proprio il valore aggiunto del made in Italy, l'aumento dei costi di logistica, tempi di consegna minori e una minore dipendenza dall'estero.

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