Uno scatto, una storia | 19 maggio 2023, 08:45

Uno scatto, una storia: Robert Capa

La sua carriera coincise con uno dei periodi più bellicosi della storia, e Capa non perse mai l’occasione di essere al fronte, pronto ad affrontare la morte per raccontare la guerra

Il sooldato e il contadino di Capa

[credits Robert Capa - Il soldato e il contadino - Sicilia, 1943]

Endre Ernő Friedmann, nato in Ungheria nel 1931 viene esiliato per aver partecipato ad attività studentesche di sinistra e si trasferisce a Berlino.  Si iscrive a un corso di giornalismo e poco dopo si rende conto che l'attività della sartoria dei genitori non naviga in ottime acque e che ben presto non avrebbe più ricevuto denaro per gli studi. Un conoscente ungherese lo aiuta allora a trovare un lavoro da fattorino ed aiutante di laboratorio presso Dephot, un'importante agenzia fotografica di Berlino. Il direttore scopre ben presto il suo talento e comincia ad affidargli dei piccoli servizi fotografici sulla cronaca locale.

 

Nel 1933, al momento dell'ascesa al potere di Hitler, dopo il drammatico incendio del Reichstag, scappa da Berlino. Va a Vienna, dove ottiene il permesso di tornare a Budapest, la città natia. Qui trascorre l'estate e, per sopravvivere, lavora come fotografo, anche se la sua permanenza dura ben poco. Con la stagione invernale, parte alla volta di Parigi, dove incontra Gerda Taro, una profuga tedesca, anche lei fotografa, e se ne innamora.

In quel periodo viene inviato in Spagna per una serie di servizi fotogiornalistici.

Nel 1936 si inventa un personaggio di fantasia, e spaccia tutto il suo lavoro come il frutto di un fotografo americano di successo. Ben presto il trucco viene scoperto, ed è proprio qui che abbandona il suo vero nome per diventare Robert Capa.

Dopo aver trascorso l'autunno e l'inizio dell'inverno a Parigi, Taro e Capa vanno in Spagna per fotografare la città di Almeria, le cui strade sono piene di profughi in fuga da Malaga. Poco dopo questo reportage, Capa rientra a Parigi, mentre la Taro resta in Spagna e, durante una ritirata, muore schiacciata da un carro armato.

Durante la sua permanenza in Spagna, Robert Capa scatta una delle sue foto più celebri: Miliziano colpito a morte. Paradossalmente, la sua foto più famosa e anche la più controversa perché tutt’ora si dibatte sulla sua autenticità. In un’intervista radiofonica del 1947 racconta “Sono stato in Spagna per tre mesi e al mio ritorno ero un fotografo famoso, perché la macchina fotografica che avevo sopra la mia testa aveva catturato un uomo nel momento in cui gli sparavano. Si diceva che fosse la miglior foto che avessi mai scattato, ed io non l'avevo nemmeno inquadrata nel mirino perché avevo la macchina fotografica sopra la testa”.

Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, in settembre, Capa s'imbarca per New York dove comincia a realizzare vari servizi per conto di "Life”. Documenta la Seconda Guerra Mondiale, lasciando immagini memorabili delle attività militari degli americani in Sicilia e dello sbarco in Normandia a Omaha-Beach.

Terminato il conflitto mondiale, si trasferisce a Hollywood diventando cittadino americano e scrive le sue memorie di guerra con l’intenzione di adattarle a copione cinematografico, abbandonando poi l’idea.

Nel 1947 insieme a Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e William Vandivert fonda l’agenzia fotografica Magnum.

Nel 1954, giunge ad Hanoi in veste di inviato di "Life" per fotografare la guerra dei francesi in Indocina. Il 25 maggio accompagna una missione militare francese e durante una sosta del convoglio lungo la strada, Capa si allontana in un campo dove calpesta una mina antiuomo, rimanendo ucciso.

La sua carriera coincise con uno dei periodi più bellicosi della storia, e Capa non perse mai l’occasione di essere al fronte, pronto ad affrontare la morte per raccontare la guerra.

 Il suo sguardo è completamente immerso nella realtà che vuole rappresentare, cerca di limitare al minimo i filtri e le barriere tra fotografo e soggetto. Si fa contaminare dalla vita e dall’uomo.

"Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino", recita la sua frase più famosa.

Ulteriori scatti dell’artista li puoi vedere cliccando qui.

Giorgio Gatti

Leggi tutte le notizie di UNO SCATTO, UNA STORIA ›

Giorgio Gatti

Giorgio Gatti nasce a Torino nel 1958 e inizia a fotografare giovanissimo. Le sue fotografie, un archivio di oltre 150.000 immagini, sono il frutto di oltre 40 anni di scatti che lo ha portato a lavorare a Milano, Londra, Berlino, New York e Parigi città che lo ha adottato per diversi anni.

Le sue immagini sono all’interno di svariate collezioni private.

Attualmente divide il suo lavoro tra Chieri e Parigi, città che lo ha adottato come curatore e storico della fotografia. Tutto il suo archivio è di proprietà esclusiva della Fine Art Images Gallery - Agenzia esclusiva della sua produzione.

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium