Si è chiusa a Torino la quarta edizione del Festival delle Migrazioni, che dal 27 settembre al 2 ottobre 2022 si è svolta in vari luoghi della città, tra cui l’ex Cimitero di San Pietro in Vincoli, la Scuola Holden, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, le sedi di Pastorale Migranti e Valdocco e il Giardino Pellegrino a Borgo Dora. Sei giorni, quindici incontri, laboratori e tavole rotonde, otto spettacoli teatrali, quattro concerti per un totale di 5.500 passaggi e la presenza di più di 500 persone alla Cena delle Cittadinanze, la tradizionale cena che vede i partecipanti condividere il cibo portato da casa o i piatti proposti dalle cucine dal mondo presenti al festival.
Il programma si è sviluppato a partire dall’idea che esistano diversi tipi di migrazioni, con cause e conseguenze differenti, inscindibili dalla questione climatica e da quella della sovranità alimentare, insieme all’avanzamento delle guerre in corso. Il pubblico del festival ha approfondito questi temi grazie alla testimonianza di ospiti con background migratorio, tra cui l’attivista afghana Sapeda, i siriani Muna e Mido Khorzom e Asmae Dachan, il musicista nigeriano Chris Obehi e il messicano Mario Vergara. Il racconto di sé e della propria esperienza è avvenuto anche attraverso la musica, con i concerti di Baba Sissoko, artista e compositore del Mali e della cantautrice di origine marocchine Rania Khazour. Numerosi i giornalisti e le giornaliste che in questi sei giorni hanno contribuito ai dibattiti raccontando il lavoro come corrispondenti esteri, come Cecilia Sala, Raffaele Crocco, Murat Cinar con Tiziana Ferrario, Nico Piro, Antonella Napoli, Enzo Nucci, Francesca Mannocchi e Tiziana Ciavardini in collegamento.
Ognuno degli otto spettacoli della kermesse, tra monologhi, performance e rappresentazioni corali, ha immediatamente registrato il tutto esaurito. Sul palco, il tema delle guerre e delle conseguenze sugli uomini e le donne che la vivono in prima persona, il peso e la fragilità della Storia, la vita nella periferia di una grande città; ma anche le esperienze di impegno civile a Lampedusa, il genocidio di Srebrenica in Bosnia, l’amore a Tel Aviv tra ragazza ebrea e un ragazzo palestinese, i braccianti agricoli costretti a vivere in ghetti tra sfruttamento e caporalato e il lavoro del rider in Italia.
Alle collaborazioni già in corso, come quella con Torino Spiritualità, con gli incontri Torino città del dialogo, con Valentino Castellani e Gianna Pentenero, e Salvare la pelle degli altri con Cecilia Strada e Gherardo Colombo, si è aggiunta quest’anno quella con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che ha ospitato lo spettacolo Sid – Fin qui tutto bene, con Alberto Boubakar Malanchino.
“Ci vorrebbero più festival delle migrazioni”, commentano la direttrice Gabriella Bordin e i direttori Beppe Rosso e Simone Schinocca. “Ogni incontro è stato l’occasione di scoperta e messa a fuoco di un diverso tema. Quest’edizione ci ha confermato che il pubblico è interessato ad avere un’informazione di qualità e un racconto dei fatti del mondo continuativo, che sia di prima mano e ben contestualizzato, al di là del sensazionalismo del momento. Da qui la scelta di avere tra gli ospiti tanti giornalisti, attivisti e migranti”.
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