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Immortali | 19 giugno 2021, 07:10

Boniperti, dna bianconero

Domenico Beccaria ricorda il presidentissimo della Juve

Boniperti e Del Piero

Domenico Beccaria ricorda il presidentissimo della Juve

Nel bene e nel male, ovviamente per noi granata soprattutto nel male, Giampiero Boniperti, ha incarnato l'essenza più intensa di quello “stile Juve”, quel DNA bianconero, che ha sempre contraddistinto la squadra della famiglia Agnelli.

Le righe che seguono, sempre ovviamente, sono una lettura di parte, perché io non ho mai avuto la pretesa di essere super partes, anzi, sono sempre stato orgogliosamente schierato dal lato granata della barricata calcistica torinese, che cerca di riassumere in tre episodi, la figura di un calciatore, di un dirigente e di un uomo la cui vita è carriera si è sovente incrociata con i nostri colori, tra mille tensioni e scintille.  

Ho cercato di evitare l'ipocrisia del “parlare bene di chi è morto”, ma cercando di rimanere sereno ed obiettivo.   

Il calciatore Boniperti, resterà nei miei ricordi per due aneddoti. Nel primo, è lui stesso a raccontare, cristallizzandola per sempre nella leggenda, la figura di Valentino Mazzola. In un derby, racconta Giampiero, si ritrovò a tirare praticamente a porta vuota e già stava esultando, quando dal nulla apparve Mazzola, che tolse letteralmente la palla dalla rete. Mentre si girava con le mani sul viso per il dispiacere e trotterellava verso il centrocampo, sentì il boato della folla ed alzò gli occhi: era capitan Valentino che, attraversato tutto il campo di gran carriera, aveva appena segnato. Nella seconda immagine, lo ricordiamo affranto ai funerali dei giocatori del Grande Torino, con alcuni dei quali era legato da particolare amicizia, e poi il 26 maggio 1949 al Comunale contro il River Plate nella gara della solidarietà, indossando la maglia granata numero otto del Torino Simbolo, unica volta nella sua carriera ad aver usato colori diversi dal bianconero della Juventus e dall’azzurro della Nazionale. 

Il presidente Boniperti, invece, tra tanti altri motivi di ruggine, lo ricordo soprattutto per un atteggiamento decisamente antisportivo, culminato in una battuta infelice assai. “Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta”, pronunciata subito dopo la conquista dello storico scudetto 1976/77, quello dei 50/51 punti, conteso tra granata e bianconeri fino all'ultima giornata, e terminato, tra mille polemiche e veleni, con un solo punto di vantaggio a favore della squadra di Boniperti. Gli rispose con tagliente ironia Pecci, sostenendo che se quell'anno il Torino avesse fatto 60 punti, ovvero l’en plein, loro avrebbero trovato il modo di farne 61.  

Dell’uomo Boniperti, infine, ho un ricordo personale. Quando al nostro Museo, a febbraio del 2014, allestimmo la mostra “70 Angeli in un unico Cielo - Superga ed Heysel tragedie sorelle”, mi recai nel suo studio, nella prima collina torinese, a portargli l'invito all’inaugurazione: la risposta fu “non posso venire, i miei non capirebbero”.  

Credo che il primo a non capire lo spirito di quell’iniziativa, purtroppo, fu proprio lui, ma pazienza.  

Oggi sarà lassù, a spiegare la sua scelta ai suoi amici del “Trio Nizza”, Bacigalupo, Rigamonti e Martelli, e gli auguro di trovare argomenti convincenti, anche se poi sono sicuro che, a fine discussione, si ritroveranno a prendere un aperitivo insieme, come facevano in vita nei bar del centro di Torino, nel bar del Paradiso gestito da Gabetto ed Ossola.

Domenico Beccaria

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