L’8 novembre 1976, dopo un tira e molla di vane speranze, si spegneva a Torino Giorgio Ferrini, 566 presenze in maglia granata, una fascia di capitano ereditata da Enzo Bearzot e portata con onore per tanti anni.
Nell’immaginario collettivo del Popolo Granata, è “il Capitano” per eccellenza, più ancora dell’Immortale Valentino Mazzola, proprio per quelle sue doti di tenacia, coraggio, dedizione, attaccamento alla maglia, che nel secolo di storia granata sono state sempre un tratto distintivo, un fiore all'occhiello, una bandiera mai doma ed ammainata.
L’otto novembre 2020 “annus covidi”, in uno stadio vuoto, ma forse è meglio così, per ricordare ed onorare il suo Capitano nel quarantaquattresimo della sua morte, il Torino FC ha...boh, non mi viene in mente una parola calzante, il Crotone. Affrontato è un termine che farebbe presupporre anche solo un minimo di animus pugnandi, cosa che sinceramente non mi è parsa così evidente tra gli undici in campo.
Giocato è una parola che farebbe presupporre che ci sia stata una organizzazione di schemi prefigurata alla realizzazione di tiri nella speranza di realizzare una segnatura, ma il primo ed unico tiro in porta si è concretizzato a poco dalla fine, grazie ad un tiro-cross dalla fascia, probabilmente più crossa che tiro, probabilmente deviato da un difensore calabrese, che è involontariamente andato a sbattere sul palo.
Quindi diciamo che il Torino ed il Crotone, casualmente, si sono trovati in corso Sebastopoli, all'altezza di piazza d’Armi, e non avendo di meglio da fare, hanno tirato fuori un pallone e si sono messi a giocare. Ad onor del vero, va detto che almeno i rossoblu un po' di impegno ce l'hanno messo, creando in due o tre occasioni qualche problema a Sirigu, che per fortuna ha risposto con prontezza, cancellando il ricordo delle ultime insicure prestazioni con interventi sicuri e determinanti.
Un Belotti non lucidissimo, complice anche una marcatura asfissiante, bonariamente tollerata dall’arbitro, ha comunque onorato la fascia che porta al braccio con la solita dedizione nei rientri. Qualche nota lieta arriva da Singo, baby della Primavera granata, che dimostra una sfacciata, giovanile esuberanza, gettata sul campo senza timori reverenziali. Ma nel complesso, la prestazione va ad ingrossare la schiera delle partite da dimenticare, o meglio, da ricordare per come non si deve fare e per i punti lasciati per strada, che a fine campionato potrebbero pesare negativamente nel bilancio stagionale.
Ma soprattutto, anche se non fa punti, pesa l'ennesima occasione sprecata malamente per far vedere che la squadra, la società ci sono.
Alla squadra è fin troppo facile imputare una mancanza di piglio agonistico, presente solo in pochi giocatori, ma assente a livello collettivo.
Alla società non smetterò mai di ricordare che “noi siamo il Toro”, non il Torino FC, o peggio, la Cairese. Da anni esiste, perché l'hanno realizzato i tifosi a loro spese, un telo di grandi dimensioni, con l'immagine di Giorgio Ferrini. In questa ricorrenza, esporlo sugli spalti, all'altezza del centrocampo, a pieno favore di telecamera per tutta la durata del match, sarebbe stato il gesto giusto per onorare Giorgio ed al contempo ricordare agli undici giovanotti che in campo indossano la maglia granata, la storia che si portano sulle spalle, che non è gli ultimi quindici anni, facilmente riassumibili in un derby vinto ed una serata di fugace gloria al San Mames, ma un secolo di lacrime, sudore e sangue, buttati in campo contro l'avversario di turno, sempre e comunque.
Un gesto, tra l'altro, a costo zero, come nei dettami presidenziali, così attenti al bilancio e così distratti dalla storia e dai risultati.
Ma forse anche questa concessione al cuore è vissuta come un eccesso di romanticismo fuori tempo massimo, un tentativo di riportare in vita qualcosa che non c'è più, di ridare un soffio di vita dignità ad una bandiera che penzola floscia da un pennone messo in un angolo.