Era il 9 marzo 2020 quando il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, annunciò che, a partire dall’indomani, tutta l’Italia sarebbe diventata “zona rossa”. Avevano inizio, così, i lunghi giorni di lock down e ognuno di noi si trovava a fare i conti con la propria paura e una nuova surreale realtà.
Sante Altizio, (tra le altre cose) giornalista e blogger torinese, ha cercato di controllare l’incontrollabile, di dare un ordine alla perdita di tutte le certezze, di crearsi nuove abitudini che l’aiutassero un giorno dopo l’altro. “Il mio quotidiano, come quello di tutti, era stravolto”, ci spiega Sante. “Ho capito subito di aver bisogno di trovare un modo per ritmare le mie giornate. E così, tutti i giorni, a partire dal 10 marzo, ho preso l’impegno con me stesso di scrivere un post al giorno sul mio blog”.
È nata così l’Italia Rossa di Sante Altizio. “Siore e siori, visto che con le ordinanze vi ci pulite, lo zoo chiude. Da Bolzano a Palermo, isole comprese. Ovunque voi siate, paisà, ora #stateacasa”, scriveva nel primo post di una lunga serie.
Una narrazione nata per fare ordine, per dare un senso “a una vita stravolta dall’imprevedibilità”. Ma anche per cercare informazioni al di fuori della stampa ufficiale. Ed è così che Sante non ha solo raccontato le sue giornate, i suoi pensieri, il suo stato d’animo. Ma è andato oltre, intervistando medici e ricercatori di sua conoscenza, cercando di avere testimonianze direttamente “dal campo”, prive di filtri. Per lo stesso motivo ha interpellato degli imprenditori, per raccontare le difficoltà di una nazione chiusa, di un’economia sacrificata. Giustamente sacrificata in favore della salute pubblica e del bene comune.
A proposito dei dottori, “Il mio medico” ci spiega Sante “mi ha raccontato che, diverse settimane prima che scoppiasse l’emergenza da noi, si è trovato di fronte a diversi casi sospetti, facilmente riconducibili al Corona Virus, ma che nessuno ha mai risposto alle sue frequenti telefonate”. Per questo Sante aggiunge “ci siamo comportati bene, noi italiani abbiamo dimostrato disciplina e spirito di sacrificio ma le cose si sarebbero potute fare meglio, si sarebbe potuti intervenire prima”.
“Ho dedicato molte ore al giorno a questo mio progetto: decidere l’argomento da trattare, contattare le persone, scrivere i post”, insomma l’obiettivo di darsi un ordine e uno scopo durante i giorni di lock down è stato ampiamente raggiunto.
Poi, il 4 maggio, con la riapertura del paese, Sante Altizio ha dichiarato conclusa quest’esperienza di scrittura e condivisione, rattristando tutti i lettori che l’avevano seguito e si erano affezionati al suo appuntamento quotidiano. “Molti mi hanno chiesto di continuare a scrivere ma per me l’esperimento si era chiuso, aveva senso solo nel periodo del lock down. Altri, allora, mi hanno suggerito di pubblicare”.
Sante, in realtà, non ha preso molto seriamente questi suggerimenti, ma questi sono continuati e allora lui ha, in un cero senso, ceduto. “Mi sono rivolto al mio amico Alessio Cuffaro, che è un ottimo scrittore. Ho chiesto un suo parere e lui sembrava condividere quello dei miei lettori.” Questo viaggio di circa 50 giorni, questo esperimento di scrittura raccontando il coronavirus in Italia da dentro casa, poteva diventare altro, lasciare il mondo virtuale per la carta stampata. “Diverse case editrici mi hanno respinto al mittente ma poi si è fatta avanti Campi di Carta, una piccola casa editrice romana, che si è offerta di pubblicarmi”. Si è mossa molto in fretta, e il libro è uscito il 27 luglio, con il titolo Italia Rossa – Il mio lockdown.
Un libro che sarà un ottimo mezzo per spiegare ai giovani del futuro cos’è stato il lock down per il nostro paese: la paura, i contagi, i camion di Bergamo, le separazioni difficili. Un momento buio che rimarrà nella storia, privata e collettiva.