La magia a cinque cerchi ha ripreso a soffiare, a Torino. E se proprio questa mattina è stato presentato a Torino Incontra lo studio di "pre-fattibilità" per avanzare una candidatura a ospitare l'edizione del 2016 dei Giochi Invernali, non si può negare che accanto all'entusiasmo del presidente della Camera di Commercio, Vincenzo Ilotte, stiano nascendo anche alcuni mugugni. Nemmeno troppo sopiti.
1) Il ruolo del Comune
Grande assente, alla presentazione dello studio di pre-fattibilità è stata Chiara Appendino. Il sindaco di Torino, infatti, che già ieri aveva dovuto rinunciare all'incontro in Regione con i sindacati metalmeccanici per FCA a causa di un malanno di stagione, oggi era di nuovo operativa. Ma all'appuntamento di Torino Incontra ha preferito quello di Villastellone, alla Petronas. Segno che, evidentemente, quello olimpico non è esattamente il primo fascicolo sulla scrivania del primo cittadino. Che peraltro non ha delegato nessuno a rappresentarla all'evento. E che poche ore fa ha ribadito "Non esiste nessun dossier Torino"
2) Il ruolo del Governo
Inevitabilmente, una parte importante è quella che dovrà recitare il Governo. Già, ma quale? Le urne hanno dato un responso chiaro, ma difficilmente componibile, almeno per il momento. E l'avvio di un nuovo esecutivo non sembra proprio dietro l'angolo (ammesso che il prossimo presidente del Consiglio abbia tra le sue priorità Torino "Olimpica"). I tempi per portare avanti la candidatura, invece, sono maledettamente stretti.
3) Le valli olimpiche
Tutti schierati in prima fila, i sindaci delle vallate che nel 2006 hanno ospitato il grosso delle gare "di montagna" erano presenti oggi - al contrario di Appendino - alla presentazione del dossier. Ma non hanno preso la parola. E nel corso della presentazione è stato più volte lasciato intendere che l'iniziativa, almeno in questa sua fase preliminare, non li ha coinvolti da vicino. Non sono mancate espressioni del viso perplesse, a fine presentazione.
4) Candidature "doppie"
Altro convitato di pietra, questa mattina, è stata la città di Milano. L'altra metropoli che non fa mistero di ambire a ospitare i Giochi invernali. Anche se la sua candidatura sembra partire svantaggiata rispetto a quella torinese (andrebbe costruito tutto da zero, mentre il CIO pretende una sorta di utilizzo dell'esistente, riducendo al minimo le spese e il consumo di suolo), senza dubbio l'arrivo di due dossier negli uffici di Losanna - entrambi inevitabilmente a firma Giovanni Malagò - non darebbe una grande impressione di coesione in terra italica. Soprattutto per il fatto non trascurabile che le due città concorrenti distano appena un centinaio abbondante di chilometri. Facile che il CIO possa non apprezzare, non comprendendo, magari, il perché di una mancata "alleanza" tra il capoluogo lombardo e quello piemontese.
5) Il Post-Olimpico
La parola d'ordine, nella presentazione dello studio di pre-fattibilità, è stata "Legacy". Tradotto dall'inglese, "eredità". Ovvero quello che i Giochi lasceranno dietro di sé. E se è innegabile (anzi, benedetto) tutto il bene che Torino ha tratto dai giochi, il tallone d'achille ha riguardato proprio il riutilizzo delle strutture nate per i Giochi del 2006. Dall'impiantistica sportiva - come la pista da bob o il trampolino, di cui tanto si è discusso in passato, salvo poi rassegnarsi a un loro lento e inevitabile declino - fino alle strutture di servizio. E qui, a Torino, è impossibile non pensare a ciò che è diventato (o è stato lasciato diventare) uno spazio puramente olimpico come è il Moi. Difficile che la gente possa provare lo stesso entusiasmo, adesso, nonostante l'impegno garantito dai promotori della candidatura. Promotori che, peraltro, sono grossomodo gli stessi di quella del 2006.