Calcio - 27 febbraio 2018, 10:45

Toro, il grande freddo

-8 dalla zona Europa League: pesano i tanti pareggi dell’era Mihajlovic, ma nelle ultime due gare anche Mazzarri finisce nel mirino della critica. E la tifoseria è in subbuglio

Il Toro va di pari passo con il meteo. Mentre la città è sferzata dal Burian, il vento gelido arrivato dalla Siberia, che ha portato freddo e neve, con la colonnina di mercurio in questi giorni scesa anche a -8 in città, a -8 si trovano anche i granata. Perché questo è il distacco da Samp e Milan, dai margini della zona Europa League.

Dopo ogni tempesta torna sempre il sereno, la speranza è che sia così anche per il Torino, perché le due sconfitte consecutive contro Juve e Verona hanno di fatto azzerato i sogni di gloria di una squadra che, dopo il cambio in panchina, sembrava aver preso la giusta direzione. Invece, se si fanno i confronti con il girone di andata, si scopre che dopo sette partite Mazzarri ha fatto un punto in meno del tanto vituperato Mihajlovic. Forse non era tutta colpa del serbo, verrebbe da dire, ma certo oggi più che mai pesano l’infinita sequela di pareggi dell’autunno. La squadra era rimasta in scia al treno perché tra quelle davanti nessuno correva, appena l’andatura è aumentata e il (nuovo) Toro non è stato al passo, ecco che si è creata la voragine.

Se Mazzarri fino alla gara con l’Udinese aveva azzeccato tutto o quasi, anche dal punto di vista tattico, con partite come quella di Marassi contro la Samp cui era mancata soltanto la ciliegina della vittoria per definire perfette, nelle ultime due uscite non è stato immune da critiche. Contro la Juve per l’eccessivo attendismo, sia iniziale che a gara in corso, con Iago Falque arretrato sulla linea dei centrocampisti e dall’altra parte un difensore come Ansaldi finta ala sinistra. A Verona, dopo venti minuti di ripresa in cui finalmente la squadra aveva ricominciato a giocare, ha deciso di rischiare il tutto per tutto, per provare a vincere. Col risultato di perdere, prendendo gol in contropiede, dopo che era entrato Ljajic e la squadra era tornata al 4-2-3-1 caro al suo predecessore.

La vera colpa di Mazzarri è di aver fallito esattamente come Ventura e Mihajlovic, che negli ultimi anni non erano stati capaci di tamponare l’emorragia successiva al derby perso. Il primo tempo di Verona è stato a dir poco inguardabile, il Toro non ha creato una sola situazione da gol, avendo di fronte la penultima della classe e una difesa che aveva incassato la bellezza di 50 reti. Un atteggiamento molle, rinunciatario, con molti giocatori che in campo camminavano, mentre dall’altra parte c’era una avversaria molto meno dotata sul piano tecnico, ma dove i calciatori sputavano sangue, per usare un’espressione tanto cara al mitico allenatore di basket Dan Peterson.

In campo vanno sempre i calciatori, ma un Toro così brutto, il più deludente della stagione, se ha sbagliato così l’approccio alla gara, significa che il suo allenatore in una settimana di lavoro non è riuscito a entrare nella testa dei suoi e a spiegare con chiarezza che tipo di atteggiamento sarebbe servito al Bentegodi. Ci voleva un Toro da battaglia, capace di usare la sciabola, invece molti troppi elementi andavano di fioretto. Aver lasciato tre punti a Verona, in una gara in cui ogni tabella europea prevedeva la vittoria, significa aver gettato alle ortiche le ultime speranze di provare a restare attaccati a Milan e Samp. E la squadra ha dovuto fare i conti con la contestazione.

Una cinquantina di ultras, al ritorno da Verona, hanno chiesto un confronto alla squadra, parlando con Belotti e Mazzarri. Capitano e allenatore hanno provato a riportare la calma, ma se domenica contro il Crotone il Torino fallirà ancora, è inevitabile che questa volta la contestazione esploderà in modo fragoroso e non riguarderà solo qualche decina di persone. E tirerà in ballo anche la società, con Cairo destinatario di molte invettive già in questi giorni sui forum e i siti granata, complice l’immobilismo sul mercato di gennaio. Urge cambiare rotta alla svelta, per dare un senso a questo finale di stagione e dimostrare che il vero Toro non è quello di Verona, che non tutte le scelte estive sono state sbagliate.

Altrimenti si comincerà già a inizio marzo a parlare della prossima stagione, si tornerà a discutere del futuro di Belotti, del destino di molti giocatori. E i titoli di coda scorreranno con largo anticipo, con il film “I rimpianti” o, se preferite, “Il grande freddo”, visto il clima, proiettato sugli schermi granata per l’ennesima volta.

Massimo De Marzi