"Torino è come un vulcano tappato che dentro ribolle di energia e creatività, ma non riesce a esplodere". Una passione sopita, che a tratti zampilla ma si esaurisce in poco tempo. E' così che il potenziale artistico della nostra città non trova il modo di uscire allo scoperto e manifestarsi in tutta la sua forza. Ed è questa la ragione che ha spinto Luigi Antinucci a occuparsi musicalmente di Torino nel tentativo di colmare un grande vuoto cantautoriale. Portando poi anche alla Festa dell'Unità, quest'anno, quella verve romantica e malinconica che ricorda tanto il fascinoso Luigi Tenco celebrato nel disco Il mio viaggio con Tenco.
D'origina campana, ma torinese d'adozione fin da piccolo, Antinucci racconta con la sua chitarra pizzicata e la sua voce calda gli angoli, i momenti, i volti di una città che non smette mai di trasfigurarsi negli di chi ne sa cogliere l'anima. Magari partendo dai luoghi d'incontro e solitudine per eccellenza, le panchine. "Ho visto i clochard sdraiati al mattino presto, le mamme che guardavano i figli giocare dopo la scuola, una coppia di innamorati, uomini appena usciti dal lavoro... Un continuo andare e venire di vite differenti, tutte da scoprire". Ed è stata proprio Le panchine a Torino una delle canzoni con cui Antinucci ha aperto il dibattito sul Jobs Act in programma ieri sera allo Sporting Dora, condividendo il palco con l'amico Michele Auddino.
Il recupero di una matrice torinese per quell'invasamento poetico di cui parlavano gli antichi greci. O una sopraffina empatia per le piccole storie che Torino sa raccontare con il consueto riserbo che la caratterizza. "Altre città hanno avuto una tradizione musicale molto sviluppata, Napoli prima di tutto. Lì tutto è musica. Ma anche Milano ha trovato in Gaber e Jannacci due grandi narratori, per non parlare della Roma di Venditti. Invece Torino si è sempre rifatta tanto alla tradizione dialettale, che, però, al di fuori del Piemonte, nessuno poteva comprendere. Una bella parentesi è stata sicuramente quella di Cantacronache, ma poi si è conclusa, come tutto il resto. Manca sempre la continuità, forse perché non c'è una mentalità che porti gli artisti a riunirsi, ritrovarsi, mandare avanti un progetto condiviso".
Per rimediare a questo grande deficit, Antinucci e altri artisti del panorama torinese hanno fondato Magica Torino, associazione che ingloba pittura, fotogafia, musica, scrittura, danza con l'intento di creare una fitta rete stretta attorno al grande patrimonio culturale cittadino.
E ieri sera Antinucci ha cantato con questa fierezza di spirito l'amore malinconico per la sua città, accompagnando Auddino in un'amara e realista denuncia del sindacato, Per campà.
Una chitarra acustica le cui singole corde titillano come i passi di un torinese per i vicoletti del centro, leggeri e delicati, avvolti nell'abbraccio di un arpeggio.