Ieri sera la sala 3 del Cinema Reposi ha rivissuto, con il Torino Film Festival, l'emozione dello sbarco sulla Luna e il sogno mai esaurito di viaggi interstellari. Uno scroscio di applausi lungo dieci minuti ha salutato la proiezione di Il grande passo, diretto da Antonio Padovan, l'unico film italiano in gara nella sezione Torino 37. Assieme al regista, tutto il cast - i protagonisti Giuseppe Battiston e Stefano Fresi, Roberto Citran, Camilla Filippi, Vitaliano Trevisan e Flavio Bucci-, il direttore della fotografia Duccio Cimatti e Marco Pettenello, che ha scritto la sceneggiatura con Padovan.
Una favola moderna ambientata nella campagne venete, che richiama limpidamente la poetica inconfondibile di Carlo Mazzacurati. Un omaggio tutto orgogliosamente italiano all'allunaggio che cinquant'anni fa tenne il mondo intero incollato al televisore, aprendo definitivamente le porte di una nuova era nel progresso del genere umano.
A coltivare il sogno di replicare quel "grande passo", Dario Cavalieri (Battiston), conosciuto, nel piccolo comune di Quattrotronchi, come "Lunastorta", il matto del villaggio. Aveva sei anni, quando Armstrong mise piede sul suolo del satellite, e ora, rinchiuso nel fienile della sua cascina, lontano dalla vita pubblica, lavora alacremente per costruire un suo razzo personale. Finché all'improvviso qualcosa va storto e scoppia un incendio che lo mette nei guai. Ecco allora intervenire il fratello Marco, nato da un'altra madre, che lavora in una ferramenta di Roma e sceglie d'impulso di salire al nord per aiutarlo. I due, tanto simili fisicamente quanto differenti caratterialmente, si ritroveranno soli, ma complici, di fronte a un’impresa che sembra impossibile ai più.
Una storia di legami di sangue più forti delle malelingue; di emarginazione, rotture e riappacificazioni; ma, soprattutto, una storia che esalta il potere del sogno come propulsore per un lancio in orbita di sola andata, oltre i confini dell'immaginario, lontano dalla cattiveria e le delusioni che sgorgano dal pianeta Terra. Tenerezza e genuina comicità incorniciano alla fine la doverosa commozione dello spettatore.
"Raccontando questa storia - spiega Padovan, già vincitore nel 2015 del Premio Speciale Giotto al Giffoni Film Festival, ora alla sua opera seconda dopo "Finché c'è prosecco c'è speranza" - ho voluto rendere omaggio a due mondi del cinema che amo. Da un lato quello americano, un po’ infantile e sentimentalista, con cui sono cresciuto da bambino: il cinema di sognatori come Steven Spielberg, dell’ingenuità vista come valore, dell’inno alla meraviglia. Dall’altro il cinema della mia terra, quello silenzioso e sincero, creato da artigiani come Carlo Mazzacurati, fatto di spazi dilatati, di sentimenti delicati e autentici, traboccante di affetto per la normalità".
Il film sarà replicato questa mattina alle ore 12 al Reposi 3; domani alle 22.15 al Reposi 1.