L'atmosfera in città era mogia. Il meraviglioso profumo proveniente da tutte le pasticcerie era sempre meno forte.
"Potremmo fare i cioccolatini più piccoli" proponeva il garzone di bottega.
"Più piccoli?"
"Sì, più piccoli sono e meno cacao ci vuole"
"Non sarebbe una soluzione, purtroppo. I nostri clienti vogliono riempirsi la bocca con vere prelibatezze, non stuzzicarsi l'appetito con piccolezze che finiscono prima ancora che ne abbiano apprezzato il sapore" rispose Michele Prochet, abile cioccolataio ammirato in tutta la città.
"Ha ragione, Maestro. Accidenti a quel nano prepotente francese, è tutta colpa sua!"
Il brevilineo francese in questione era nientepopodimeno che Napoleone Bonaparte. Ma che c'entrava lui con i cioccolatini? È presto detto. L'imperatore aveva conquistato terre su terre ma la sua flotta non poteva nulla contro quella inglese. Così, per mettere in ginocchio la perfida Albione, nel 1806 aveva deciso di bloccarne tutti i commerci. Peccato che fosse proprio l'Inghilterra, tramite le sue colonie, la maggior fornitrice di cacao di tutta l'Europa. E così questo ora arrivava a Torino in piccola quantità e a gran prezzo. Un delizioso oro nero che stava mettendo in grave difficoltà la premiata pasticceria locale.
"Politici, imperatori e condottieri si spartiscono la terra e noi dobbiamo scervellarci per riuscire ad addolcire la vita di tutti quanti" sospirò Michele.
Per giorni e giorni cercò una soluzione fino a quando l'idea gli sopraggiunse per caso. Deliziosa e profumata, portata dalla stagione. In città era arrivato l'autunno, il sole tiepido faceva brillare le foglie gialle un attimo prima che queste cadessero dagli alberi. Il vento spazzava il cielo che era di un azzurro perfetto. "Il periodo migliore dell'anno" dicevano i clienti entrando nella pasticceria. "Ci sono già le nocciole?" chiedevano e poi compravano cioccolatini deliziosi ricoperti di granella o frutti interi.
"La gente continua a venire ma compra meno del solito. È tutto troppo caro, troppo" sospirava il garzone mentre Michele fissava la porta a vetri che si era appena chiusa alle spalle dell'ultimo cliente. Era assorto e pensieroso.
"Maestro? Tutto bene?"
"Meglio, molto meglio" rispose Michele con un sorriso nuovo sul volto.
Chiusa bottega, mandò tutti via: garzone, cassiera e moglie. E si mise subito al lavoro. Allineò sul bancone: zucchero, cacao e nocciole. Lavorò tutta la notte per trovare le giuste proporzioni e ottenere una pasta morbida e dolce, privata di un po' di cacao ma arricchita dalla nocciola tonda gentile del Piemonte, debitamente tostata e macinata. Quella era una pasta a prova di dazi e politica.
Una volta stabilita la composizione, il Maestro provò diverse forme, per rendere questo nuovo cioccolatino diverso, riconoscibile, unico. Un parallelepipedo? "Senza poesia" sospirò. Una piccola sfera? "Senza fantasia" sbuffò. Poi pensò a quand'era bambino e, con i fratelli, viveva in una casetta vicino a un piccolo specchio d’acqua. "Una barchetta" disse. “Ecco cosa farò, una barchetta”. E, preciso com'era, scelse di metterla al contrario, per farla stare dritta e ordinata sul bancone.
Era ormai l'alba quando la sua creazione fu conclusa. E fu allora che la porta del laboratorio si aprì alle sue spalle, "Buongiorno Michele, allora ci hai pensato? Ci mettiamo in società?"
"Quando quasi sì, Caffarel. Ma prima assaggia questi e dimmi cosa ne pensi.”
I Caffarel dono ritenuti i genitori del gianduiotti ma questo è vero solo in parte. Furono loro, nel lontano 1865, che li misero in produzione e ne inventarono il nome, in onore della maschera cittadina. Ma la formula era stata trovata molti anni prima dal cioccolatiere Michele Prochet che, una volta messosi in società, finì per essere ingiustamente dimenticato in favore dei suoi notissimi soci.
Di Rossana Rotolo