Cresce sulle pendici della storia e offre a chi lo attraversa una vista mozzafiato sull'intera Torino. Il Vigneto reale di Villa della Regina, tra i pochi esempi metropolitani in Europa e unico in Italia, si prepara alla vendemmia sotto lo sguardo amorevole delle Cantine Balbiano, che lì vi producono vino da dieci anni.
Ha dato la sua "benedizione" per l'evento anche l'assessore regionale all'agricoltura Giovanni Ferrero, ieri per la prima volta in visita alla vigna che vanta 400 anni di memorie. Oggetto di un intensivo programma di recupero promosso dal Ministero per i Beni Culturali e il CNR, è tornata al suo antico splendore all'inizio degli anni Duemila, non solo recuperando la propria funzione decorativa, ma anche valorizzando al meglio la produttività.
Il risultato è il Freisa di Chieri Doc Superiore “Vigna Villa della Regina”, commerciato non solo in Italia, ma anche nel nord Europa e negli Stati Uniti, con una produzione annua di circa 4 mila bottiglie da una superficie viticola di quasi un ettaro.
"In questo luogo vediamo l’efficacia di un vigneto sul paesaggio - ha sottolineato Ferrero -. Anche se non siamo tra le colline Unesco, questa vigna sorge all’interno di una delle Residenze Reali Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Le città sono sempre state più agricole di quanto si possa immaginare, Torino ne è l'esempio concreto".
Un incentivo al risalto delle bellezza locale su cui insiste da anni l'associazione "Amici di Villa della Regina", rappresentata ieri dalla presidente Monica La Cava. Nonostante i contributi (14 mila euro) per la manutenzione della residenza nel 2014, infatti, i membri invocano ad oggi una presa di posizione istituzionale, per evitare un nuovo decadimento della struttura. Ma, come ha detto La Cava, "bisognerebbe superare tanti impedimenti burocratici".
"Il recupero di villa e vigneto sono il frutto della perfetta sinergia tra pubblico e privato - ha spiegato Luca Balbiano, la cui azienda familiare è stata interpellata quindici anni per rimettere in sesto l'area vede attorno alla residenza e ricavarne nuove viti -. "Quando abbiamo accettato questa sfida non avremmo mai immaginato di poter arrivare fino a qui. Del vigneto non esisteva più traccia, e ci abbiamo messo sei mesi solo per il disboscamento. Si tratta di un vero e proprio miracolo".
La vigna è stata impiantata nella parte sud, più esposta alla luce, valutando in corso d'opera tutti gli eventuali rischi, tra cui la mancata tenuta radicale degli arbusti. "Si tratta di un terroir molto ricco - continua Balbiano -, rimasto non sfruttato per oltre 50 anni e tornato a vivere solo dopo il recupero. È un vigneto più protetto dal rischio di gelate, perché in città la temperatura è più alta anche in inverno. Inoltre è sorprendentemente sano dal punto di vista ambientale. L’inquinamento cittadino non incide sulla vigna, che è sopraelevata rispetto alla zona urbana e lontana dalla strada".
Un intervento che aveva anche lo scopo di ricondurre Torino alle sue antiche origini agricole, poi spazzate via dall'esplosione industriale. E che, col tempo, ha accresciuto le sue ambizioni, aspirando a sempre nuovi gemellaggi con altre città vocate alla viticoltura (come il quartiere di Montmartre a Parigi o Schönbrunn a Vienna).
"Abbiamo sempre cercato di fare un vino che fosse, diciamo, all'altezza della 'confezione', la splendida residenza reale che lo ospita. Ora speriamo di aumentare le collaborazioni con altre realtà urbane. Intanto siamo fiduciosi: le pogge hanno rimpolpato i grappoli, e quest'anno sarà una buona annata".