Ogni mattina, la luce del sole attraversava la piazza, s'intrufolava sotto i portici e raggiungeva la vetrina del negozio. I graziosi cioccolatini sbadigliavano, si stiracchiavano, e poi sbirciavano fuori dalla carta argentata. Facevano capolino curiosi dai loro abitini frou frou che li facevano assomigliare a tante caramelle.
La pasticceria era sempre ordinata e splendente: mobili in legno massiccio, ceramiche su ogni mensola e vetrine tanto pulite da rischiare di sbatterci il muso.
I clienti entravano ed uscivano in un frusciare di seta, velluto e mussolina. La porta si apriva con un dlin e si chiudeva con un dlon. Le piume sui cappelli delle signore sfioravano il soffitto. I bastoni da passeggio dei signori risuonavano sullo splendido pavimento.
La Marchesa dai grandi fianchi, il prepotente davanzale e il collo da giraffa, veniva ogni giorno per le praline, "più buone di quelle che fanno a Parigi". L'avvocato, coi piedi piatti e i mustacci all'insù, agguantava una meringa, se la faceva sciogliere in bocca e mugugnava di piacere talmente forte da far arrossire tutte le madamine al bancone. Sfacciato!
E poi c'era lui, il preferito dei cioccolatini travestiti da caramella, Paolo. Un ragazzotto che studiava all'università. Voleva fare il dottore, diceva, ma la testa più che di medicine e cure, ce l'aveva piena d'amore per la sua bella. Cristina, così si chiamava, ricambiava il suo sentimento con altrettanto ardore, e come avrebbe potuto essere altrimenti? Paolo non le componeva sdolcinata poesia, non le dedicava smielate canzoni, non le regalava banali fiori. Paolo, una volta a settimana, poco prima di andarle a prendere per fare una passeggiata al Valentino, passava al negozio e le prendeva un sacchetto di dolcezze. E no, non cioccolatini qualunque. Ma quelli preferiti da lei.
Avevano cuore di nocciola, ciccia di cioccolato, e vestiti di zuccherosi pois. Il tutto racchiuso in una carta splendente e colorata, con candide frange ricciute al fondo. Erano belli e buoni ma avevano una sola pecca: non avevano un nome, erano dei cioccolatini anonimi come gli altri, seppur tanto deliziosi ed eleganti. Avrebbero meritato di essere distinti, di essere diversi, di essere speciali, ma il mastro pasticciere, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a trovare il nome adatto.
"Pare una caramella" sorrideva Cristina ogni volta che Paolo gliene offriva uno. Poi lo scartava con le sue dita sottili da sartina e se lo faceva sciogliere in bocca. Il suo amato le regalava un sacchetto alla settimana e lei gustava un cioccolatino al giorno in attesa del prossimo incontro con il suo amato.
A Paolo la giovine pareva ancora più bella quando la vedeva mangiare con trasporto quei cioccolatini deliziosi. E così, ad ogni appuntamento, andava a farne scorta con il cuore in subbuglio e lo stomaco pure.
Dlin faceva la porta e Paolo metteva il naso in pasticceria.
"Buongiorno" diceva.
"Buongiorno" rispondeva la madama del cioccolatiere. "Vuoi i dolcetti per Cristina?"
"Sì, i dolcetti per Cristina" rispondeva lui arrossendo.
Che piovesse o ci fosse il sole, Paolo andava a comprare le delizie per la sua bella.
Giorno dopo giorno.
"I dolcetti per Cristina?" chiedeva la madama.
"I dolcetti per Cristina" rispondeva lui.
Settimana dopo settimana.
"Cristina?"
"Cristina"
Mese dopo mese.
"Cri?"
"Cri"
Dopo mese.
"Cri?"
"Cri"
Dopo mese.
"Cri?"
"Cri"
E sentito una volta e sentito due volte e sentito tre volte, il pasticciere un giorno lasciò il laboratorio e raggiunse il negozio proprio mentre la porta faceva Dlon alle spalle di Paolo.
"Cri Cri!" disse alla moglie dietro al bancone, con un grande sorriso e l'aria di chi aveva appena avuto una fantastica idea.
"Cosa?"
"Cri Cri, li chiameremo così!"
E da quel giorno fino ad ora le dolcezze nate senza nome, quelle dal cuore di nocciola, la ciccia di cioccolato e il vestito di zucchero si chiamano Cri Cri. Gioia di tutti i torinesi e dei forestieri che, da grandi o da piccini, li scoprono per la prima volta.
I Cri Cri, deliziosi cioccolatini torinesi, non hanno una data di nascita o un inventore ufficiale ma la leggenda dice che siano nati da un amore.
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